La musica da simposio: bevendo assieme cantando, recitando poesie e danzando gli uomini si riunivano a banchetto non solo spiritualmente e culturalmente, ma anche per far festa

“Il pavimento lustra: mani, tazze pulite.

Uno ci pone in capo le ghirlande,

un altro tende fiale di balsamo,

il cratere troneggia, pieno di serenità.

Altro vino promette di non tradirci mai:

è in serbo nei boccali, sa di fiore.

L’incenso spira tutt’intorno una fragranza

 di chiesa è chiara, fresca e dolce l’acqua.

 Ha ciascuno il suo pane biondo:

 la salda mensa è carica di calcio e miele denso.

C’è nel mezzo l’altare coperto di fiori,

la casa è avvolta di festa e di musica”.

 

Senofane (fr.21 BI D-K)

 

Quando si parla di simposio lo si associa immediatamente al vino, il luogo in cui questa bevanda assume una sacralità antica. Ma la cultura del simposio non ha solo questa valenza: è il convegno dei cittadini maschi adulti al banchetto e agli intrattenimenti (akroàmata), un momento d’incontro e di scontro, in cui ci si riunisce spiritualmente ed emotivamente; è evasione dalla quotidianità, spettacolo, festa, un momento ludico fatto di danze e musica e ideale per la poesia.

Le scene di simposio a noi giunte sono numerose. Nelle pitture vascolari compaiono spesso suonatori di aulòs oppure di lira che allietano i convitati; a volte la musica è evocata semplicemente dallo strumento appeso alle spalle dei simposiasti. Nelle raffigurazioni è molto presente l’aulòs, più adatto per accompagnare le conversazioni argute e colte (da qui il termine aulico), e spesso la cétra, mentre compaiono più raramente il cròtalo[1] e piccoli tamburi.

L’aulòs[2] (αὐλός) era una sorta di flauto costituito da un tubo di canna, legno, metallo, osso o avorio con un’imboccatura in cui si insufflava l’aria per produrre il suono grazie alle vibrazioni dell’ancia[3]. Ne esistevano di diversi tipi: semplici, con otto fori (monaulòs), con cinque o sei fori e chiusi all’estremità (plagiaulòs), e anche doppi formati da due tubi (diaulòs). L’aulos era conosciuto anche in Egitto e in Grecia sin dall’età minoica anche se i Greci lo ritenevano di origine asiatica (dalla Frigia o dalla Lidia).

Kylix attica a figure rosse, 480 a.C., Museo di antichità di Basilea e collezione Ludwig (Fonte: www.greece-is.com)

Durante il simposio l’aulèta indossava una fascia di cuoio che favoriva la tenuta d’aria. L’aulos era utilizzato durante le cerimonie religiose, private come nozze o funerali, per scandire i ritmi di lavoro, negli agoni e nelle rappresentazioni delle tragedie, poiché aveva un forte impatto emotivo sui presenti. Anche sulle navi triremi quando si andava in guerra, era presente il triēraules, addetto a cadenzare col ritmo della musica l’andamento dei rematori.

Orfeo suona la lira. Cratere a colonnette attico a figure rosse, 430 a.C., Berlino Antikenmuseen (Fonte: www.canino.info)

Per quanto riguarda la lira[4] (lyra) essa era formata da una cassa di risonanza (solitamente il carapace di una tartaruga) alla quale venivano fissati due bracci uniti all’apice mediante una traversa dove venivano avvolte le corde. Queste erano tese sino al ponticello collocato nella parte inferiore della cassa. Lo strumento era particolarmente amato dai giovani per le loro attività musicali. Altro strumento a corde raffigurato sulla ceramica greca era il barbitos: fatto impugnare da Alceo e Saffo per eseguire i loro canti, questo aveva una cassa di risonanza più piccola e bracci ricurvi più lunghi della lira ed era adatto alle esecuzioni musicali che si svolgevano all’interno dell’ambiente domestico.

 

 

Suonatore di cetra. vaso a figure rosse del 480 a.C. circa, Würzburg, Martin Von Wagner Museum (Fonte: www.operamondo.it)

La cétra (o cétera dal greco κιϑάρα) in Grecia era attributo di Apollo, costituita da una cassa armonica di varia forma sulla quale si levavano due bracci congiunti in alto da un’assicella: le corde erano tese tra la cassa e l’assicella, e venivano pizzicate col plettro o, più raramente, con le dita; si distingueva dalla lira per le maggiori dimensioni e la struttura più robusta, soprattutto della cassa armonica.

E’ evidente che la musica regalava un ritmo particolare durante i brindisi, i canti e le danze oltre che per le poesie recitate o le dotte citazioni che tutti i partecipanti erano invitati ad improvvisare (gli skolia sono i canti conviviali[5]). Questi ultimi si cimentavano persino in acrobazie, supportate probabilmente dal tenore alcolico, e chi non sapeva suonare (gli àisakos) agitava ramoscelli di alloro o di mirto per sottolineare ed accompagnare il suo canto. Alceo, Anacreonte, Archìloco, o Stesìcoro sono poi alcuni dei poeti che hanno adottato la lirica da banchetto come genere letterario nato proprio durante il simposio.

I temi delle loro poesie variano dalla politica all’amore, fino al senso di caducità della vita; ognuna di esse è recitata davanti al pubblico e con un sottofondo musicale, eseguito da uno strumento che poteva variare a seconda del tipo di componimento.

Sempre dai vasi è difficile risalire all’identità dei suonatori: spesso, soprattutto durante l’età arcaica e classica erano le etère (ἑταῖραι ossia le cortigiane) o i giovani servitori (efèbi) ad improvvisarsi musicisti, mentre in età ellenistica vengono ingaggiati compagnie di musici ed acrobati per allietare le serate.

 

 Bibliografia e sitografia

Angela Bellia, Gli strumenti musicali nelle immagini della Grecia antica. Percorso di didattica museale musicale, pagg. 6-7

www.treccani.it

 

[1]Il cròtalo (κρόταλον, der. di κρότος cioè “rumore”) era uno strumento a percussione usato nelle antiche civiltà orientali, costituito da un paio di valve lignee, eburnee o anche metalliche, che il suonatore, impugnandone l’estremità inferiore, faceva cozzare l’una contro l’altra a modo di castagnette. Il cròtalo e il cimbalo erano usati per dare il ritmo alla danza nei riti religiosi legati a Dioniso.
[2] Racconta il mito che un giorno Atena, per riprodurre il lamento lanciato dalle Gorgoni quando Perseo decapitò la sorella Medusa, inventò uno strumento a fiato, l’aulòs. Ma la dea, presa in giro da Era ed Afrodite perché mentre suonava le si gonfiavano le guance deformando la sua bellezza, lo disprezzò e lo gettò via. Lo strumento venne poi raccolto dal satiro Marsia, il quale lo utilizzò per sfidare Apollo in una gara di abilità, che tuttavia perse finendo scorticato.
[3] Negli strumenti musicali a fiato, dispositivo costituito da una o due sottili lamine in legno, metallo o plastica, che, investite da una corrente d’aria, entrano in vibrazione eccitando una colonna d’aria o una cavità risonante, sorgente del suono.
[4] L’astuto Ermes, nato al mattino, rivelò subito di essere un gran briccone. Già a mezzogiorno, dopo aver trovato una tartaruga e giocato con essa, la uccise, ne vuotò il guscio e applicò due bracci di canna, tra i quali tese alcune corde. La sera, avendo visto pascolare le mandrie appartenenti al dio Apollo, le rubò, tentando di non farsi scoprire e ritornando quatto quatto nella sua cesta di bambino in fasce. Apollo sospettò subito che Ermes fosse l’autore del furto, protestò e sottopose il fratello ad un serrato interrogatorio al cospetto del padre Zeus che dovette intervenire per riportare la pace fra i due, divertito per la bravata del figlio discolo che negava di aver sottratto le vacche. Alla fine il ladro fu costretto a confessare e, per riparare alla bravata compiuta ai danni del fratello, come dono di riconciliazione, Ermes donò la lyra ad Apollo. Questi, nell’ascoltare la musica prodotta dallo strumento, ne rimase rapito.
[5] I canti conviviali nacquero a Lesbo nel VII secolo a.C. e si diffusero presto in tutta la Grecia diventando un vero e proprio genere letterario non solo aulico ma anche popolare.
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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