Un’altra specialità della cucina povera saracenara davvero poco conosciuta sono i pìsci candànn’, delle deliziose frittelline preparate con le infiorescenze dell’ornitògalo narbonense, una pianta bulbosa primaverile chiamata localmente cipuddràzz’ e che hanno aspetto e gusto di pesci fritti
A Saracena (Cs) il cibo è di nuovo protagonista di curiosi racconti, di storie di gusto e di tradizioni.
Questa in particolare racconta quella dei pìsci candànn’ che la Pro Loco Sarucha ha voluto riproporre e conservarne memoria per le generazioni future.
Vediamo di cosa si tratta partendo dal loro ingrediente principale: l’ornitogalo.
L’Ornithogalum Narbonense L.[1] è una pianta bulbosa della famiglia delle Liliaceae che da noi si trova soprattutto lungo i fossi di campagna, appena fuori dai centri abitati; la sua infiorescenza a spiga piramidale è formata da tipici fiori bianchi e a stella, col rovescio striato di verde pallido.
E’ una delle specie di Ornithogalum più comuni nel bacino del Mediterraneo, nelle isole Baleari e Canarie, in Turchia, in Armenia e nell’Iran nordoccidentale.
L’Ornithogalum Narbonense L.[2] è conosciuto sin dall’antichità: cresce spontaneamente su terreni sabbiosi o argillosi, in boschi o boscaglie aperte con arbusti sempreverdi, nelle zone di montagna, in campi ed aree erbose o secche, in terreni abbandonati o rocciosi, in vigneti e uliveti. E’ detta anche Stella di Betlemme del Sud, Aglio lupo o Bacchetta di San Jose e il nome deriverebbe dal greco e significherebbe “latte d’uccello” (ornitos ossia “uccello” e gala cioè “latte”).
Per alcuni sarebbe relativo al colore candido dei fiori dell’ornitogalo; ma siccome il latte d’uccello non esiste in natura, potrebbero essere stati i Romani ad aver dato loro questo nome riferendolo ad un evento straordinario, quasi impossibile.
Il Narbonense deriverebbe dalla città francese di Narbonne che l’avrebbe identificata per prima come pianta oppure perché predilige le zone sud dell’Europa.
L’Ornitogalum Narbonense L. raggiunge in media 40-50 cm di altezza, con un massimo di 70 cm e fiorisce in aprile e maggio.
L’ornitògalo (cipollaccio o cipollone bianco spigato) a Saracena è localmente conosciuto come cipuddràzz’ ed è protagonista di una ricetta unica, una vera delizia della cucina contadina: i pìsci candànn’ o pìsc’ i campagna.
Altro non sono che delle buonissime e semplici frittelline che vengono preparate proprio con i boccioli non ancora aperti della pianta; si raccolgono in campagna a primavera e uniti ad una classica pastella fatta con uova, acqua e farina si friggono.
Vengono chiamati pìsci candànn’ perché l’aspetto e il gusto di queste “pitticelle” è molto simile a quella del pesce, un alimento che i contadini non potevano permettersi.
I pìsci candànn’ come le molte altre ricette della tradizione saracenara regalano a chi le assaggia profumi e sapori di una volta e la bontà di una vita semplice dove, in un passato non troppo remoto, anche erbe spontanee come questa assumevano un valore non solo nutrizionale, ma anche e soprattutto gastronomico.
La pianta dell’ornitogalo non si può mangiare cruda, in quanto tossica, e per questo deve essere sottoposta a cottura;
come accade per i capperi, i bulbi sono sempre stati utilizzati per il loro gradevolissimo sapore e addirittura i pellegrini li portavano nelle bisacce come companatico;
i semi tostati erano utilizzati in panetteria e le foglie vengono ancora oggi utilizzate per confezionare la burrata pugliese.
Bibliografia e sitografia
Arelle Do Nurb, Erbe da raccatto. Piante spontanee d’uso alimentare, Libro Primo – Nel campo, Rifletto & Rifrango, 2018, pagg. 157-158