A Saracena (Cs), il paese del Moscato, il 19 e il 20 febbraio di ogni anno si festeggia il suo santo patrono, San Leone; una ricorrenza che tra sacro e profano rende manifesta una forte identità comunitaria che celebra anche l’ospitalità e la convivialità
L’alternarsi di varie culture ha reso la Calabria un contenitore di tante bellezze e tradizioni che ne rappresentano la sua unicità.
Saracena (Cs), borgo del Parco Nazionale del Pollino, è abbarbicato su una collina rocciosa ad est del fiume Garga, ai piedi dei Monti di Orsomarso.
E’ una piccola realtà ricca di storia, con poche migliaia di abitanti, fatta di un suggestivo centro storico che degrada verso valle, tra dedali di viuzze di pietra che offrono scorci di un passato ancora palpabile.
Sulle origini di Saracena non ci sono fonti attendibili: secondo le ipotesi nascerebbe sulle rovine dell’antica città enotria di Sextio[1] e sarebbe stata poi conquistata dai Saraceni[2].
Non si hanno testimonianze dirette della presenza araba, ma Saracena presenta elementi urbanistici che ricordano quello islamico di una kasbah[3]:
il nuovo abitato nasce attorno a un castello ed è cinto da mura con quattro porte (Porta del Vaglio, Porta Scarano, Porta Nova, Porta San Pietro), orientate secondo i punti cardinali.
Una data precisa non si ha nemmeno per la nascita della festa del suo santo patrono San Leone che, puntualmente ogni anno, anima il borgo; assieme al Moscato, questo personaggio rappresenta l’emblema della cultura saracenara.
Quest’ultimo è il vino dolce prodotto esclusivamente in questo comune: “al governo di Saracena” perché il “suo” disciplinare prevede la bollitura di una parte del mosto composto da guarnaccia, malvasia e duraca (in dialetto duròc) che fermenta assieme al moscatello passito.
La duraca è un vitigno autoctono assai antico sul quale sono stati effettuati recenti studi genetici per determinarne l’origine; appartiene alla famiglia dei moscati e sarebbe da ricondurre al moscato di Alessandria o zibibbo bianco.
Il culto di San Leone[4] arriva dalla Sicilia; a Saracena si festeggia tra il 19 e il 20 di febbraio, probabilmente sin dagli inizi del XI secolo:
la sera del 19 una allegra fiaccolata parte e termina dalla chiesa a lui dedicata, accompagnata da canti e musiche suonate con gli strumenti della tradizione per le vie del paese.
Tra schiamazzi gioiosi al grido “Viva San Leone!” non proprio classici di una celebrazione cristiana, il paese si illumina di tanti falò, i fucarazz’, che durano fino al giorno seguente.
Alle fiamme ardenti dei fucarazz’ viene attribuito un simbolismo pagano di purificazione e di rinascita della natura nel passaggio dall’inverno alla primavera;
San Leone a Saracena è anche ospitalità e convivialità: i saracenari infatti accolgono calorosamente tutti i “forestieri” provenienti dalle varie parti della provincia che partecipano ai festeggiamenti in onore del santo patrono e con i quali condividono il cibo e il vino.
Al termine della processione la chiesa di San Leone si riempie di gente vociante e chiassosa: giovani e anziani con chitarre, tamburelli ed organetti cantano e ballano.
Ci si raduna poi nelle strade davanti ai fuochi; ai passanti vengono offerti prodotti tipici locali e l’immancabile Moscato.
La tradizione di offrire da bere e mangiare risale ai tempi in cui iniziarono a diffondersi le fiere: prima della festa di giorno 20, la congrega di San Leone portava ai mercanti accampati fuori dalle mura o nelle campagne circostanti quanto bastava per rifocillarsi, prima dell’apertura delle porte del paese.
La festa di San Leone a Saracena è un evento radicato nei cuori di questa comunità: si attende tutto l’anno facendosi strumento di identità culturale e di aggregazione.
Si celebra un santo protettore ma con esso anche la vita di un luogo legato a ritualità ancestrali e al folklore, tra sacro e profano.
La seconda domenica di agosto i festeggiamenti sono riproposti in una versione estiva[5], ma le emozioni che regala quella di febbraio non sono ripetibili.
Anche quest’anno i preparativi fervono; si raccolgono le frasch’(legna da ardere) per preparare i fucarazz’, nelle case si aprono le dispense e nella piazza principale anche i volontari della Pro Loco Sarucha di Saracena si stanno adoperando per accogliere i visitatori con uno stand di piatti della tradizione ed il vino, elementi immancabili della festa.
Viva San Leone! Sempre San Leone!
Bibliografia e sitografia
Vincenzo Forestieri, Monografia storica del comune di Saracena, Editrice Il Coscile, 1987
https://www.youtube.com/watch?v=g_24Xhju24s