Itinerari enogastronomici in Calabria: la Riviera dei Cedri

Tra il Mar Tirreno e le montagne del Parco Nazionale del Pollino uno dei tanti itinerari enogastronomici da fare in Calabria: la Riviera dei Cedri

Un itinerario nella provincia di Cosenza fatto di sapori autentici, fra mare, paesaggi incantati e borghi dove il tempo sembra essersi fermato.

Lungo la famosa Riviera dei Cedri è possibile fare un viaggio fra tradizioni antiche e prodotti che raccontano storie millenarie. Ecco una mappa dei luoghi da vedere e delle cose da assaggiare.

È importante ricordare, inoltre, che è stato da poco istituito il Parco Marino RegionaleRiviera dei Cedri che comprende in primis le due uniche isole della Calabria, l’Isola Dino e l’Isola di Cirella;

poi la Baia di Carpino – Ajnella di Scalea, la grotta dell’Arcomagno a San Nicola Arcella, la scogliera dei Rizzi di Cetraro, lo scoglio della Regina ad Acquappesa;

infine, i fondali marini dell’isola di Dino – Capo Scalea, quelli dell’Isola di Cirella – Diamante e di Capo di Tirone – Belvedere.

Non perdetevi niente!

  1. Tortora: sulle tracce degli Enotri

Porta settentrionale della Riviera dei Cedri, Tortora conserva reperti enotri, lucani e romani nel suo Antiquarium.

Da non perdere il centro storico medievale con le sue viuzze di pietra, la Chiesa di San Pietro Apostolo e il panorama che abbraccia mare e monti.

Cosa mangiare:

  • Pongia di Tortora: piatto estivo a base di melanzane, peperoni, pomodori, formaggio caprino, basilico, origano, olio evo e aglio;
  • Zafarana di Tortora: antico peperone autoctono, dolce e saporito a forma di corno di capra;
  • Fagiolo quarantino di Tortora: ecotipo di fagiolo tipico dell’area di Tortora,  chiamato così perché dalla semina al primo raccolto impiega circa quaranta giorni, molto saporito e di buona consistenza.
Zafarana di Tortora
Zafarana di Tortora (CS) – Fonte: arsacweb.it
  1. Aieta: la perla rinascimentale

Inserito tra ‘I Borghi più belli d’Italia’, Aieta merita una visita solo per il magnifico Palazzo Martirano-Spinelli, capolavoro del Rinascimento calabrese.

Il suo centro storico in pietra, incastonato tra i monti del Pollino, riserva viste spettacolari sulla costa tirrenica.

Cosa mangiare:

  • Prosciutto crudo di Aieta: in dialetto prisùttu di pùorcu, è un prosciutto crudo dal sapore deciso e leggermente salato, stagionato naturalmente grazie ai venti freschi delle montagne.
Prosciutto crudo di Aieta
Prosciutto crudo di Aieta (CS) – Fonte: inrivieradeicedri.it

Ad Aieta si tiene in suo onore la Sagra del Prosciutto di Aieta.

  1. Praia a Mare: il mare nei sapori

Praia a Mare incanta con la sua splendida Isola di Dino, famosa per i suoi fondali cristallini e le grotte marine come la Grotta Azzurra e, ovviamente, le sue belle spiagge.

Isola di Dino Praia a Mare
Isola di Dino – Praia a Mare (CS)

Cosa mangiare:

  • Pesce azzurro pescato e cucinato fresco;
  • Liquore al mirto della Riviera dei Cedri.
  1. San Nicola Arcella: bellezza senza tempo

Affacciata su uno dei tratti più belli della costa tirrenica della Riviera dei Cedri, San Nicola Arcella è conosciutissima per l’Arcomagno, un’insenatura naturale tra le più visitate e fotografate d’Italia.

San Nicola Arcella Arcomagno
Arcomagno – San Nicola Arcella (CS)

La Torre Crawford, l’antica torre saracena di San Nicola Arcella, deve il nome allo scrittore americano Francis Marion Crawford, che qui soggiornava.

Innamoratosi del luogo durante un viaggio in barca, fece della torre il suo rifugio creativo e affascinato dalla bellezza del posto trovò ispirazione per ambientare alcuni dei suoi racconti.

Il centro storico, con le sue case e i vicoli fioriti, conserva il fascino di un villaggio mediterraneo sospeso tra cielo e mare.

Cosa mangiare:

  • Fusilli calabresi rigorosamente fatti a mano con ragù di capra;
  • Ravioli di ricotta e salsiccia, sempre fatti a mano.
  1. Scalea: la sentinella della Riviera

Scalea è uno dei borghi più antichi della Riviera dei Cedri, con un centro storico arroccato su un promontorio che conserva vicoli medievali, archi, scalinate e palazzi nobiliari.

La Torre Talao, affacciata sul mare, e la suggestiva Torre Cimalonga nel centro storico, facevano parte del sistema difensivo costiero contro le incursioni saracene.

Torre Talao Scalea
Torre Talao – Scalea (CS)

Oggi Torre Cimalonga ospita un piccolo Antiquarium con reperti che vanno dall’epoca arcaica a quella romana; sono simboli identitari della città e testimoni della sua storia.

Cosa mangiare:

  • Zucchine alla poverella: zucchine fritte e marinate con aceto, aglio e menta, piatto fresco e tradizionale;
  • Piatti a base di pesce azzurro (alici, triglie ecc).
  1. Orsomarso: tra fiumi e peperoncini

Orsomarso è un altro borgo montano del Parco Nazionale del Pollino dal fascino silenzioso.

Da visitare il pittoresco centro storico per poi immergersi nella natura selvaggia della Riserva Naturale Orientata Valle del fiume Argentino, un paradiso di sentieri, cascate e antichi mulini.

Attrazione del paese è sicuramente la Casa dei Peperoncini, dedicata alla cultura del “diavolicchio calabrese”.

Casa dei peperoncini Orsomarso
Casa dei Peperoncini – Orsomarso (CS) – Fonte: Facebook
  1. Santa Maria del Cedro: il profumo della Riviera

Santa Maria del Cedro è il cuore simbolico della Riviera dei Cedri, posta tra agrumeti e colline dolci che profumano di Mediterraneo.

Itinerari enogastronomici in Calabria: La Riviera dei Cedri
Il cedro di Calabria

L’attrazione culturale è il Museo del Cedro, che racconta la storia e l’identità di questo agrume straordinario, coltivato qui sin dall’antichità e che lega fortemente questo territorio al mondo ebraico.

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Tra i luoghi da visitare c’è anche il Castello normanno di San Michele, con i ruderi che dominano il territorio e offrono un panorama suggestivo sulla valle del Lao.

Il fiume Lao, che attraversa il Parco Nazionale del Pollino prima di sfociare nel Tirreno nei pressi di Scalea, è uno dei corsi d’acqua più scenografici e selvaggi del Sud Italia.

Scavando per millenni gole profonde e canyon spettacolari, è oggi la meta perfetta per gli amanti della natura e dell’avventura. In particolare, è rinomato per le attività di rafting, canoa e kayak.

Cosa mangiare:

  • Prelibatezze dolci e salate a base di cedro.
  1. Verbicaro: culla di vini antichi

Chiamato non a caso ‘il paese del vino e dell’ospitalità’, Verbicaro custodisce storie e tradizioni non solo enogastronomiche.

Fra le vie del suo centro storico immerso tra le rive del Tirreno e le montagne nel Parco Nazionale del Pollino, possiamo trovare attrazioni come l’Ecomuseo del Vino e della Vita Contadina.

Infatti, Verbicaro è il cuore enologico della Riviera dei Cedri, dove nasce il vino Verbicaro DOP Terre di Cosenza da uve autoctone quali il magliocco dolce e la guarnaccia bianca.

Magliocco uva grappolo
Grappolo di magliocco dolce

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Di Verbicaro è inoltre importante ricordare ‘I Vattienti di Verbicaro’, storico corteo di flagellanti organizzato in occasione della Settimana Santa, elemento folkloristico di grande valore culturale.

Da non perdere, infine, i panorami montani e i sentieri naturalistici verso il Cozzo del Pellegrino.

Cosa mangiare:

  • Vini Verbicaro DOP Terre di Cosenza;
  • Panicielli d’uva: fagottini d’uva passa (e pezzetti di buccia di cedro avvolti in foglie di cedro, chiuse con un filo di ginestra e infornati in forno a legna.
Panicielli d'uva Verbicaro
I Panicielli d’uva di Verbicaro (CS) – Fonte: opificiocalabria.com

Erano molto amati da Gabriele D’Annunzio che li cita nella sua opera ‘La Leda senza cigno’[1]. Da provare assolutamente!

  1. Cirella-Diamante: colori, storie e tramonti

Diamante, nota come la ‘città dei murales’, è famosa per le oltre 150 opere d’arte urbana che colorano il centro storico.

A poca distanza si trova il borgo di Cirella, con i ruderi dell’antico abitato medievale distrutto nel XIX secolo, e di fronte la piccola Isola di Cirella, ricca di fascino e biodiversità marina.

Diamante è anche la capitale del peperoncino calabrese, celebrato ogni anno nel famoso Festival del Peperoncino.

Cosa mangiare:

  • Raganella di alici: tortino di alici a base di alici locali, peperoncino a scaglie, origano, e mollica;
  • Cernia alla diamantese: otta al forno con pomodoro, olive e capperi;
  • Chiarello di Cirella: vino passito amatissimo da Papa Sisto V e apprezzato dalle corti italiane rinascimentali di tutta Italia nel XVI secolo.
Chiarello di Cirella
Il Chiarello di Cirella

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  1. Maierà: il regno del peperoncino

Maierà è un piccolo borgo che vive nel segno del piccante, a pochi km da Diamante; proprio per questo non si può non fare un salto nel colorato Museo del Peperoncino, curato da Enzo Monaco.

Peperoncini
Sua maestà il peperoncino

Cosa mangiare:

  • Pasta e fagioli ‘ndufata, sostanziosa e saporita.
  1. Buonvicino: eleganza e gusto

Anche Buonvicino è un altro de ‘I Borghi più belli d’Italia’ posti sulla Riviera dei Cedri.

L’attuale borgo nasce dall’unione di tre casali medievali ed oggi è un dedalo di sontuosi palazzi nobiliari e vicoli caratteristici.

Buonvicino
Buonvicino (CS)

Da visitare a Buonvicino c’è sicuramente, tra le altre cose, il MAGB, il Museo Arti e Gusto Buonvicino.

Il museo rappresenta la memoria storica del paese, articolato in cinque sezioni dedicate alla comunità e al territorio.

Una delle sale detta ‘del gusto’ è poi dedicata al duca di Buonvicino Ippolito Cavalcanti, celebre gastronomo meridionale e autore di un trattato con oltre 1000 ricette.

Cosa mangiare:

  • Pitta di miglio, memoria dei tempi antichi in cui il miglio era pane quotidiano;
  • Sdrangoglie, gnocchi di patate.

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  1. Belvedere Marittimo: romanticismo e sapori della tradizione

Il borgo storico di Belvedere Marittimo, ricco di torri e chiese antiche, offre splendidi scorci paesaggistici e un’atmosfera romantica unica.

Nota come la ‘Città dell’Amore’, da visitare assolutamente sono il Convento di San Daniele che custodisce le reliquie di San Valentino, il Castello del Principe e le sue spiagge dorate sulla Riviera.

Cosa mangiare:

  • Gilò, melanzana verde amara di origine africana;
Gilò Belvedere Marittimo
Gilò di Belvedere Marittimo (CS) – Fonte: Calabria News 24
  • Baccalà fritto con i peperoni e lo spezzatino di trippa, cuore fegato e polmoni: piatti tipici preparati durante la festa del santo patrono, San Daniele.
  1. Cetraro: vocazioni marinare e contadine

Antico borgo di pescatori e uno dei porti più importanti del Tirreno cosentino, Cetraro conserva nel suo centro storico un dedalo di vicoli, palazzi nobiliari e chiese antiche.

Da vedere sicuramente la Chiesa Madre di San Benedetto Abate e il Palazzo del Trono, oggi sede del Museo dei Brettii e del Mare.

La vocazione marinara di Cetraro si affianca a una forte tradizione agricola, con prodotti locali legati alle stagioni e alla terra.

Cosa mangiare:

  • Fagiolo Settembrino di Sant’Angelo (De.Co.): tenero e saporito, viene utilizzato in minestre, zuppe rustiche o semplicemente lessato con olio extravergine e peperoncino;
  • Pitta fritta cu i vajanelli (peperoni);
  • Vajanelli jarli (peperoni secchi da friggere, come i cruschi) e vajanelli pisati (peperoni secchi, passati in forno e sminuzzati usati per condire pasta e altre preparazioni).

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  1. Fuscaldo: dal mare ai boschi

Adagiato tra colline panoramiche e mare, Fuscaldo possiede un centro storico ricco di chiese antiche, come la Chiesa Matrice di San Giovanni Battista.

Molto belli anche i palazzi in pietra che raccontano una storia legata al monachesimo, all’agricoltura e alla pesca.

La parte marina offre spiagge ampie e tranquille, mentre l’entroterra conserva una tradizione culinaria autentica e profondamente identitaria.

Cosa mangiare:

  • Alici di Fuscaldo: pescate in loco e conservate sott’olio o sotto sale, sono protagoniste di antipasti, primi piatti o servite semplicemente con limone e peperoncino.

Ogni anno, tra luglio e agosto, si tiene il Festival delle Alici di Fuscaldo. Evento da non perdere se siete in zona in quel periodo.

Alici impanate Fuscaldo
Alici impanate e fritte
  • Polvere di funghi di Cinquemiglia (De.Co.): ottenuta da funghi porcini essiccati e macinati, usata per insaporire paste, risotti, carni o bruschette, è una vera chicca del territorio.
  1. Paola: spiritualità e cucina povera

Paola è una delle città più importanti della Calabria tirrenica, famosa in tutto il mondo per aver dato i natali a San Francesco di Paola, patrono della Calabria e della gente di mare.

Santuario San Francesco di Paola
Il santuario di San Francesco a Paola (CS)

Il monumentale Santuario di San Francesco di Paola, incastonato tra le rocce e i boschi alle spalle del centro abitato, è meta di pellegrinaggio continuo.

Il borgo antico conserva atmosfere medievali, logge, fontane storiche e affacci sul mare.

Cosa mangiare:

  • ‘Mpiulato di Pasqua: focaccia tipica pasquale preparata tradizionalmente il Sabato Santo e ripiena con uova, salsiccia, soppressata formaggio, simbolo di abbondanza e rinascita;
  • ‘A cuccìa: dolce tradizionale del 13 dicembre, in onore di Santa Lucia;
  • Pagnuleddi ‘i pani ‘i castagne (pane con farina di castagne);
  • Minestra ‘i pistiddi (minestra di castagne secche);
  • Pasta cu’ sucu ‘i mulinciani fritti (pasta con il sugo di melanzane fritte).

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[1]Sorrido pensando a quegli invogli di fronde compresse e risecche, venuti di Calabria, che un giorno vi stupirono e incantarono, quando ve li offersi sopra una tovaglia distesa su l’erba di Dama Rosa, non ancor falciata, ove da per tutto tremolavano i fiori scempii e le avene fatue fuorché nei solchi segnati dal giuoco dei levrieri. Gli invogli erano di forma quadrilunga come volumetti suggellati d’un solitario che avesse confuso felicemente la biblioteca e l’orto. Ci voleva l’unghia per rompere la prima buccia. La membrana andava in frantumi ma le nervature resistevano come quelle del dosso d’un libro legato in cartapecora. La seconda foglia era più tenace e la terza ancor più, e la quarta più ancora. Il viluppo si faceva più stretto assottigliandosi. Le dita non arrivavano mai in fondo; e l’attesa irritava la curiosità; e l’indugio faceva credere al gusto che là dentro si celasse la più saporita cosa del mondo. E m’ho tuttavia nella memoria quella grazia del viso chino, ove la bocca si socchiude e chiude per l’acqua che le viene. Ecco l’ultima foglia in cui è avvolto il segreto, profumata come il bergamotto. L’unghia la rompe; le dita s’aprono e si tingono di sugo giallo, si ungono di non so che unguento solare. Pochi acini di uva appassita e incotta, color tané oscuro, di quel colore che «pare ottenga nell’occhio il primo grado», pochi acini umidi e quasi direi oliati di quell’olio indicibile ove nuota alcun occhio castagno ch’io mi so, pochi acini del grappolo della vite del sole appariscono premuti l’un contro l’altro, con un che di luminoso nel bruno, con un che di ardente senza fiamma, con un sapore che ci delizia prima di essere assaporato”.  (G. D’Annunzio, La Leda senza cigno, Freeditorial, pag. 105).
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche