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I dolci del Natale in Calabria: ‘a Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa

La pitta 'mpigliata o pitta 'nchiusa

Antiche ricette e ritualità: i dolci racchiudono tante storie, usi e tradizioni come nel caso della famosa e ricercatissima Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa, preparazione tipica del Natale in Calabria

Il Natale in Calabria è un tripudio di prelibatezze gastronomiche, salate e dolci.

Ogni zona della regione vanta tradizioni culinarie che sono le vere protagoniste delle festose tavole imbandite.

E’ davvero difficile conoscere ed elencare tutti i piatti tipici che vengono preparati in questo periodo dell’anno; i prodotti di pasticceria sono uno più buono dell’altro, dai più semplici a quelli più elaborati.

Ricette antiche e maestria artigianale fanno dei dolci del Natale calabrese bontà uniche sempre più apprezzate e richieste.

E’ il caso della Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa.

La Pitta 'mpigliata o Pitta 'nchiusa
La famosa Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa

Si chiama così questa deliziosa torta fatta di sfoglia profumata ripiena di miele, spezie e frutta secca e la cui preparazione richiede abilità, tempo (solitamente due giorni!) e pazienza.

E’ fatta a ‘roselline’ di pasta unite assieme o arrotolata su sé stessa a spirale, a ciambella (a cullura), a ferro di cavallo o a torrone; la forma varia e anche qualche ingrediente ma il ricco contenuto no.

Pitta 'mpigliata pitta 'nchiusa forme
Le forme della Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa (Fonte: it.wikipedia.org)

Viene chiamata ‘mpigliata (cioè ‘raccolta’) nelle province di Cosenza e Crotone e ‘nchiusa (‘racchiusa’) nel catanzarese.

A Cotronei (Kr) la chiamano ‘Pitta ccu’ i passule’ (con uva passa) e da altre parti anche ‘Pitta ccu’ i nuci’ (con le noci); a Casabona (Kr) è è nota come Pitt’ i fera.

La pitta 'mpigliata o pitta 'nchiusa
L’interno di noci ed uva passa della Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa

Secondo i racconti popolari la Pitta ‘mpigliata sarebbe nata come dolce di nozze, originaria di San Giovanni in Fiore comune cosentino del Parco Nazionale della Sila.

Abbazia florense San Giovanni in Fiore (Cs)
L’imponente Abbazia florense di San Giovanni in Fiore (Cs)

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Lo attesterebbe un documento notarile ritrovato negli archivi comunali di un contratto prematrimoniale stipulato nel 1728 fra le famiglie di due giovani sangiovannesi, i Giaquinta e i Caligiuro.

Il contratto stabiliva che i Caligiuro si occupassero del banchetto e che a fine pasto dovesse essere servita proprio la Pitta ‘mpigliata[1].

Il termine pitta identifica una schiacciata di pane; in greco volgare è πίττα, in serbo pita e in albanese pite, ed ha per tutti lo stesso significato.

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C’è chi pensa che derivi dal latino picta, ossia ‘dipinta’: infatti, anticamente, la pitta era una focaccia rituale decorata che veniva offerta in dono alle divinità femminili[2].

A quanto pare esisterebbe proprio un lontano legame tra la Pitta ‘mpigliata o ‘nchiusa e il culto religioso.

Presso il tempio di Hera Lacinia, attuale sito archeologico di Capocolonna (Kr), i Crotoniati solevano omaggiare la dea con pani sferici decorati e dipinti con figure ispirate al tema della natura.

In epoca cristiana, là dove sorgevano templi, furono spesso erette chiese per celebrare il culto della Vergine Maria (come è accaduto a Capocolonna) e per devozione anche alla Madonna si continuò a donare la pitta.

A Crotone infatti la Pitta ‘mpigliata è chiamata anche ‘Pitta da Madonna i Capocolonna e viene ancora oggi preparata non solo a Natale ma soprattutto in occasione della festa Mariana nel mese di maggio[3].

Le noci, le mandorle e l’uva passa rappresentano simbolicamente i frutti della terra ed esteticamente la Pitta ‘mpigliata è molto curata e assai bella da vedere nella versione ‘a roselline’ e a giri concentrici.

Pitta 'mpigliata o pitta 'nchiusa
Le ‘roselline’ della Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa

A Marcedusa, centro arbëreshe della provincia di Catanzaro, la preparazione della Pitta ‘nchiusa è un patrimonio ed è stata addirittura iscritta tra i beni demoetnoantropologici immateriali[4].

La Pitta ‘mpigliata o ‘nchiusa richiede maestria soprattutto nella stenditura della sfoglia che si ottiene impastando la farina (c’è chi usa semola rimacinata di grano duro) con olio evo, spezie e aromi, vino o liquore.

Ovviamente non esiste un’unica ricetta della Pitta ‘mpigliata o Pitta ‘nchiusa.

Ogni famiglia custodisce gelosamente la propria ma fondamentalmente sono abbastanza simili: ad esempio alcune pitte vedono l’uso del lievito nell’impasto, le uova e le scorzette di agrumi, mentre altre no.

Alcune usano vino (secco o dolce), spremuta d’arancia, altre vermouth, o liquori (come il mandarinetto).

Per il ripieno ci sono sempre mandorle o noci (anche pinoli), cannella, chiodi di garofano e, immancabili, uva passa e miele (anche fichi secchi).

Pitta 'mpigliata o pitta 'nchiusa
Il cestino di pasta in cui sono ‘mpigliate le ‘roselline’ della Pitta ‘mpigliata

La Pitta ‘mpigliata o ‘nchiusa fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) della regione Calabria, anche se la Camera di Commercio di Cosenza ha inoltrato la richiesta per l’ottenimento della DOP.

Vi lascio una ricetta della Pitta ‘mpigliata. Chi si vuole cimentare?

 

‘A Pitta ‘mpigliata

Ingredienti

Per la sfoglia:

  • farina 00;
  • olio extra vergine di oliva;
  • vino dolce (tipo Moscato);
  • spremuta di arancio dolce;
  • zucchero semolato;
  • un bicchierino di liquore dolce (tipo Vermouth);
  • un pizzico di cannella;
  • la buccia di un’arancia essiccata e tritata;
  • un pizzico di sale

Per il ripieno:

  • miele;
  • gherigli di noci;
  • uva sultanina;
  • mezzo cucchiaino di chiodi di garofano in polvere;
  • un cucchiaino di cannella;
  • scorza grattugiata d’arancio e di limone;
  • un bicchierino di liquore dolce.

Procedimento

Innanzitutto gli ingredienti del ripieno vanno preparati due giorni prima della realizzazione del dolce.

Si deve tritare al coltello tutta la frutta secca, unire l’uva sultanina precedentemente ammollata e strizzata, la cannella, la polvere di chiodi garofano, le scorze degli agrumi grattate e il liquore.

In questo modo tutti gli ingredienti verranno ben bene aromatizzati. Successivamente si passa alla preparazione della sfoglia.

Si setaccia la farina ponendo a fontana sulla spianatoia e mettendo al centro il liquore, il vino, l’olio, un cucchiaio di zucchero, il sale, la cannella, il succo d’arancio, la buccia d’arancia essiccata.

Bisogna lavorare l’impasto fino a quando non sarà liscio ed omogeneo; poi si preleva un terzo dell’impasto e lo si stende per creare un disco di pasta con cui foderare una teglia del diametro di 28 cm circa.

Si spennella il centro del disco di pasta con un po’ di miele e di olio e si spolvera con un altro cucchiaio di zucchero.

Stendere adesso il resto dell’impasto e ritagliare con la rotella sette strisce larghe circa 7 cm e lunghe circa 30 cm; porre al centro della striscia, e per tutta la sua lunghezza, l’impasto di frutta secca ed aromi.

Poi si deve piegare ogni striscia per la sua lunghezza facendo combaciare i due bordi ed arrotolarla su sé stessa. Si formerà così una bellissima ‘rosellina’.

Procedere con le altre strisce fino a completarle tutte. Porre una ‘rosellina’ al centro della teglia dove si è steso il disco di pasta e sistemare le altre tutte intorno a quella centrale.

Si devono poi sollevare i bordi del disco di pasta all’interno della teglia e farli aderire alle ‘roselline’ fra una e l’altra; per farli aderire meglio si usa un po’ di rosso d’uovo sbattuto.

La Pitta ‘mpigliata deve cuocere per 40 minuti circa a 180°C se il forno è statico o a 160°C se è ventilato; una volta cotta deve risultare dorata e croccante.

Dopo averla tolta dal forno la si spennella con una miscela calda realizzata con un cucchiaio di miele fuso ed uno di vino dolce.

La Pitta 'mpigliata o pitta 'nchiusa
la Pitta ‘mpigliata o pitta ‘nchiusa
[1] ‘…a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pasto dovrà offrire la Pitta ‘mpigliata, preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta…
[2] Conosciuta già all’epoca degli antichi Egizi, i Greci la usavano ‘impastata’ come alimento per i soldati o come ‘mensa’ su cui deporre gli alimenti, e quando la fame era tanta veniva mangiata anche quella, come ci descrive Virgilio nell’Eneide. Altri pensano che la pitta sia una ciambella di pane che si rifà alla focaccia rituale decorata, detta picta, cioè ‘pittata’, ‘dipinta’ e che veniva offerta alle divinità dalle popolazioni italiche e dai Romani. Una focaccia, dunque, che poi si tramuta in pizza con l’aggiunta del pomodoro.
[3] Nel mese di maggio a Crotone si celebra il mese Mariano dedicato alla S.S. Madonna Nera di Capocolonna. Si susseguono eventi religiosi e folkloristici che culminano nel terzo fine settimana del mese con la processione, tra il sabato notte e la domenica, e che vede i fedeli accompagnare in pellegrinaggio il quadro della Madonna di Capocolonna, di provenienza orientale, dalla cattedrale della città fino al santuario lungo la costa (distanza 15 km).
[4] L’esecutrice cosparge di farina il piano di lavoro e la pittedda, il panetto di pasta sfoglia. Afferra il mattarello dalle due estremità e, con un movimento ripetitivo, esegue la scilatura arrotolando e srotolando la pasta sfoglia imprimendo una leggera pressione sul piano di lavoro. Di tanto in tanto sparge farina sulla pasta sfoglia e sul piano di lavoro per evitarne la rottura. A scilatura terminata la seconda esecutrice porta il mattarello, con avvolta la pasta sfoglia, su un altro piano di lavoro per stenderla, srotolandola. Con la rotella tagliapasta ricava le strisce e rettangoli sottili da usare come base nella tortiera di stagnola, versa e spalma l’olio sulla pasta scilata, cosparge lo zucchero e l’impasto contenuto in un piatto ricoprendone tutta la superficie. Successivamente, la terza esecutrice procede con la realizzazione delle roselline, composizioni di pasta sfoglia a forma di rosa. Poggia la rotella tagliapasta sulla sfoglia e scorrendo, esercitando una lieve pressione, ne ricava una striscia larga circa 3/4 centimetri. Di seguito, con le dita di una mano, ripiega un margine sullo stesso e, aiutandosi con le dita dell’altra, procede arrotolando la striscia senza far cadere l’impasto, infine sistema la rosellina ordinatamente nella tortiera di stagnola. Così procedendo si completa la Pitta ‘nchiusa. A operazione ultimata si ricopre con un canovaccio da cucina per poi procedere con la cottura nel forno a legna (Fonte: atlante.beniculturalicalabria.it).
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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