Vino

Dalle terre del vermentino e del nebbiolo di Gallura i vini della Tenuta Muscazega

Tenuta Muscazega

In un viaggio enologico attraverso le terre del vermentino e del nebbiolo di Gallura, la scoperta dei vini di Luras (OT) e di Tenuta Muscazega nella filosofia della sua proprietaria, l’artista Laura Carmina

Quello tra vino e territorio è sempre stato un legame indissolubile. Anche in Gallura, regione sarda ricchissima, le storie degli uomini si intrecciano a quelle delle tradizioni vitivinicole; un luogo di natura indomita, bellissima e antichissima che si racconta attraverso i suoi prodotti.

Luras, in provincia di Olbia-Tempio, patria di dolmen e olivastri millenari, si adagia a 500 metri d’altezza su un poggio granitico all’estremità nord-orientale del Monte Limbara; questo comune è famoso in Sardegna per il Galluras, museo etnografico che narra e conserva la memoria della cultura contadina del paese con i suoi ambienti e i suoi strumenti e il cui pezzo forte è sicuramente la camera dedicata alla femina agabbadòra[1].

Museo Galluras di Luras (OT)
Il Museo etnografico Galluras e la stanza della famosa femina agabbadòra

Ma Luras è il centro gallurese in cui ha trovato casa quell’uva strettamente piemontese che regala uno dei vini simbolo dell’Italia nel mondo, cioè il nebbiolo[2]. Qui preferiscono chiamarlo nebiolo con una sola b per distinguerlo da quello delle Langhe ma  soprattutto per renderlo più identitario.

Secondo le testimonianze storiche l’introduzione del nebbiolo a Luras risale all’Ottocento; sarebbe stato il generale La Marmora a portarlo con sé e a scegliere le colline luresi per la sua coltivazione. Questo vi si adattò talmente bene che oggi è proprio uno dei suoi fiori all’occhiello, assieme al vermentino[3].

A Luras nel 1998 è nata La Confraternita del nebiolo allo scopo di promuovere e valorizzare l’enocultura attraverso questo vitigno detto il “principe rubino di Gallura” e per portare nel mondo le tradizioni di questa terra meravigliosa.

Tenuta Muscazega si trova qui, tra Luras, Nuchis e Tempio Pausania, circondata da verde incontaminato e da ruscelli fiabeschi; quaranta ettari di terreno che guardano verso le pendici dei colli del Limbara i cui colori si mescolano ai grigi delle massicce rocce granitiche formando un quadro d’autore.

Tenuta Muscazega
Vigneti della Tenuta Muscazega a Luras (OT)

Muscazega in sardo vuol dire “moscacieca”: la tenuta ricalca un caratteristico stazzu[4] ottocentesco, il tipico insediamento rurale della Gallura che tanto ha da raccontare. Una simbiosi perfetta fra uomo e ambiente che si riflette nei vini dell’azienda e nello spirito della sua proprietaria, Laura.

Lo stazzu ottocentesco in cui sorge Tenuta Muscazega a Luras (OT)

Laura Carmina, è un’artista che ha deciso di dedicarsi alla viticoltura dal 2006. Questi luoghi pacifici e ameni sono fonte di ispirazione per le sue opere e per i suoi vini, frutto di passione ma soprattutto di cura e amore verso le vigne; riportano in etichetta proprio tre dei suoi bellissimi dipinti: si chiamano Nughes, Disizu e Lunas.

Laura Carmina Tenuta Muscazega
L’artista e produttrice Laura Carmina, proprietaria di Tenuta Muscazega a Luras (OT)

Nughes di Tenuta Muscazega è un Vermentino di Gallura Superiore DOCG che prende il nome dal ponticello di epoca romana situato a poca distanza dall’azienda: giallo paglierino dalle note spiccate di gelsomino, pesca, agrumi, erbe aromatiche e dal gusto fresco e sapido con ritorni floreali, piacevolissimo ed equilibrato.

Nughes Tenuta Muscazega
Nughes, il Vermentino di Gallura Superiore DOCG di Tenuta Muscazega

Disizu, ovvero “desiderio” è invece sinonimo di nebbiolo di Luras in purezza: un Colli del Limbara IGT che affina in vasche d’acciaio dove sosta per almeno un anno e altri 3 mesi in bottiglia prima della commercializzazione. I profumi intensi nascosti dal suo rosso rubino richiamano la frutta matura, le erbe mediterranee, le spezie e il suo caratteristico tannino non è invadente, ma avvolgente.

Disizu Tenuta Muscazega
Disizu, Nebbiolo IGT Colli del Limbara di Tenuta Muscazega

Infine il Lunas di Tenuta Muscazega concede al nebbiolo l’affinamento e l’evoluzione delle sue peculiarità in piccole botti di rovere francese per oltre un anno: ne deriva un vino rosso dalle sfumature granata, dai profumi di frutta confetturata, speziati e tostati di tabacco, pepe, caffè, liquirizia; in bocca la sua tannicità è ancora evidente ma resa ancor più affascinante, come è solito dei vini destinati alla longevità.

Lunas Tenuta Muscazega
Lunas, Nebbiolo IGT Colli del Limbara di Tenuta Muscazega

Un terroir unico quello delle terre di Tenuta Muscazega che sono sempre state coltivate a vite secondo la tradizione: i suoli, nati dal disfacimento granitico sono poveri di sostanza organica, non compatti e con un ottimo drenaggio; ciò permette alle uve di avere un apparato radicale sviluppato e profondo da cui trarre ottimo nutrimento in termini di acidità e mineralità.

Tenuta Muscazega
Interno della Tenuta Muscazega

Immersa fra paesaggi, storia millenaria e suggestioni di questa parte di Sardegna, Tenuta Muscazega offre non solo bellezza e buon vino ma da poco anche ospitalità: infatti Laura accoglie nella sua elegante e intima guest house chiunque voglia assaporare momenti di relax per trovare (o ritrovare) un contatto fra natura e spirito.

Tenuta Muscazega
Tenuta Muscazega, particolari

Tenuta Muscazega è associata al Movimento Turismo del Vino, all’associazione nazionale Le Donne del Vino ed è entrata a far parte anche della FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti).

Azienda Vitivinicola Tenuta Muscazega di Laura Carmina

Loc. Muscazega – 07025 Luras (OT)

tel. 079.9623057

mail: cantinamuscazega@gmail.com

 

 

Bibliografia

Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food Editore

 

[1] Il termine sardo femina agabbadora, femina agabbadòra o, più comunemente, agabbadora (s’agabbadóra, lett. “colei che finisce”, deriva dal sardo s’acabbu, “la fine” o dall’ arabo acabar, “terminare”) denota la figura storicamente incerta di una donna che si incaricava di portare la morte a persone di qualunque età, nel caso in cui queste fossero in condizioni di malattia tali da portare i familiari o la stessa vittima a richiederla. In realtà non ci sono prove di tale pratica, che avrebbe riguardato alcune regioni sarde come Marghine, Planargia e Gallura. La pratica non doveva essere retribuita dai parenti del malato poiché il pagare per dare la morte era contrario ai dettami religiosi e della superstizione. La leggenda narra che le pratiche di uccisione utilizzate dalla femina agabbadora variavano a seconda del luogo: entrare nella stanza del morente vestita di nero, con il volto coperto, e ucciderlo tramite soffocamento con un cuscino, oppure colpendolo sulla fronte tramite un bastone di legno d’ulivo (su mazzolu) o dietro la nuca con un colpo secco, o ancora strangolandolo ponendo il collo tra le sue gambe. Lo strumento più rinomato sarebbe un martello di legno che è possibile vedere proprio in questo museo. (da it.wikipedia.org)
[2] Il nebbiolo è un vitigno, o meglio una varietà a cui appartengono diversi biotipi; è generalmente coltivato in Piemonte nelle Langhe e proprio qui dà vita ad alcuni famosissimi e amatissimi vini del panorama internazionale come il Barbaresco e il Barolo. Nelle langhe (colline) piemontesi ha trovato la sua terra d’elezione, ma viene coltivato con altri nomi anche in Valtellina (Lombardia), Valle d’Aosta dove si chiama chiavennasca e picoutener, e anche qui in Gallura.
[3] Giusi Mainardi (1995) sostiene che “il nome potrebbe collegarsi a vermene che significa ramoscello giovane, sottile e flessibile. Viene dal latino verbena e si trova già usato in Dante nella Divina Commedia”. In ogni caso in passato il termine vermentino era spesso confuso con altri nella descrizione del vitigno: il caso esemplare è quello di Gallesio (1834), che nella sua Pomona Indiana definisce il vitigno indistintamente con i termini vermentino e vernaccia. L’errata sinonimia probabilmente era generata dal fatto che nei dintorni del paese ligure di Vernazza erano coltivati i vitigni vermentino e piccabon (che poi si dimostreranno identici), con i quali si producevano i famosi vini delle Cinque Terre commercializzati dai genovesi già nel XIII secolo. Per Gallesio il vitigno era di chiara origine ligure ma altri ampelografi, tra cui i francesi Pulliat e Odart, cominciarono a sostenere la tesi che fosse nativo della penisola iberica, da dove si sarebbe poi diffuso in Provenza, Corsica, Sardegna Liguria e sulle coste della Toscana. Ancora oggi non è chiaro in quale direzione il vermentino abbia viaggiato nei secoli, se dalla Spagna all’Italia o viceversa; sicuramente degna di nota è l’ipotesi della Mainardi che ritiene che le sue vere origini siano da ricercare nel Medio Oriente, da dove gli Arabi lo avrebbero diffuso in tutto l’alto Mediterraneo occidentale. Questa capillare diffusione in varie regioni dell’Italia tirrenica ha fatto insorgere varie controversie: al momento risulta pressoché accertato che la favorita coltivata in Piemonte, il rollo (un tempo chiamato anche vermentino di Rollo) e il pigato (detto vermentino pigato) diffusi in Liguria e iscritti al Registro Nazionale come vitigni autonomi siano invece identici al vermentino. Nella stessa Sardegna di individuano due espressioni del vitigno – il vermentino di Gallura e quello di Alghero – distinte tra loro più dalla zona di coltivazione e dalle modalità di produzione che da tratti morfologici. Attualmente il Vermentino risulta coltivato in tutte le province della Sardegna, dove è tutelato dalla DOCG Vermentino di Gallura e dalla DOC Vermentino di Sardegna; in tute le province della Toscana, e nelle quattro province liguri. Della pianta se ne distinguono due tipi: quello a grappolo e quello serrato (di conseguenza anche due tipologie di acino. (Da Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food Editore, pagg. 489-490)
[4] Il termine “stazzo” deriva dal latino statio, stazione, luogo di sosta. È presente nel nord della Sardegna, dove in Gallura è conosciuto come lu stazzu, in Corsica e, seppur con utilizzi diversi, anche nel meridione d’Italia, Abruzzo compreso. (da it.wikipedia.org)
fb-share-icon20
Tweet 20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

* Questa casella GDPR è richiesta

*

Accetto / Accept

Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

Potrebbe anche interessarti...