L’ansonica di Calabria: l’espressione di un vitigno d’elezione siciliana nell’etichetta cirotana di Cataldo Calabretta

Il Nicolosi nel 1869 la definì “bellissima qualità di uva, dà molto frutto e fa vino generoso, è di sapore gentile; pregi che la rendono molto ricercata”: l’ansonica è quel vitigno meglio conosciuto con il nome di inzolia, particolarmente diffuso in Sicilia, Sardegna, sull’Isola d’Elba, nelle zone costiere della provincia di Pisa, Livorno e Grosseto, ed è presente sporadicamente anche sull’Isola del Giglio.

L’ansonica concorre alla produzione di diverse DOC come la toscana Ansonica Costa dell’Argentario o le siciliane Alcamo e Contessa Entellina, ma è soprattutto impiegato assieme ad altri vitigni autoctoni per la creazione del più famoso Marsala. In Calabria, invece, lo ritroviamo nella provincia di Reggio Calabria come uvaggio della DOC Bivongi.

Tanti sono i suoi sinonimi, da ansòria ad anzonica, da insolia a insedia, insora, ‘nzolia e zolia bianca. Ansonica sembrerebbe derivare dal francese sorie, cioè “fulvo”, “di color oro”, nome probabilmente dato dai Normanni[1] durante la loro dominazione in Sicilia, ma la sua storia è molto più lontana.  L’origine siciliana di questa varietà è quella più accreditata: sarebbe arrivata qui dalla Grecia, poi diffusasi in Sardegna e successivamente nell’Isola d’Elba e del Giglio e nella zona costiera della Toscana.

Altre ipotesi sostengono poi che l’inzolia sia la stessa vite irziola citata da Plinio[2]: geneticamente presenta un profilo simile alle varietà greche sideritis e rhoditis[3] ed avrebbe una stretta parentela con i più famosi vitigni tradizionali della Sicilia tra cui il moscato giallo e il grillo[4]. Esistono, infine, varie tipologie di inzolia: quella bianca e nera e quella imperiale bianca e nera[5], le quali assumono nomi diversi nelle province e aree di coltivazione[6].

Uva Inzolia o Ansonica (Fonte: www.venditapiccolifrutti.it)

L’ansonica, detta volgarmente inzolia vranca per distinguerla dalla inzolia nigra, presenta una foglia pentagonale medio-grande, pentalobata o eptalobata, con pagine glabre di colore verde chiaro, un grappolo piuttosto grande, spargolo, tronco-piramidale, con una o due ali; l’acino è medio-grosso, ellissoidale, di forma regolare, con buccia pruinosa e di colore giallo oro o ambrato. Matura nella prima metà di settembre con una produttività abbondante e costante.

La Sicilia, dunque, rimane la zona di elezione dell’ansonica, nonostante la sua presenza in altre parti d’Italia; in Calabria questo vitigno, come detto precedentemente, si ritrova all’interno del disciplinare di produzione della DOC reggina Bivongi. E a Cirò (Kr) nel territorio vocato da secoli alla produzione del più famoso vino rosso della regione, Cataldo Calabretta la vinifica in purezza.

Alla quarta generazione di viticoltori cirotani, Cataldo si fa erede di una lontana tradizione. Assieme alle sorelle ristruttura la cantina di famiglia e oggi, da 10 anni a questa parte, coltiva le sue uve in regime biologico, perché per lui, come per altri produttori, il vino si fa in vigna. Conserva ancora le vecchie vasche in cemento, i palmenti, che considera quelli più adatti per la creazione del Cirò DOC. Assieme al gaglioppo, al greco bianco, alla malvasia e all’alicante troviamo una piccola parte di terra dedicata proprio all’ansonica.

Cataldo Calabretta viticoltore (Fonte: www.cataldocalabretta.it)

L’Ansonica di Cataldo Calabretta è un IGP Calabria bianco da uve ansonica 100% coltivate a guyot, da un vigneto vecchio di 30 anni, su un terreno franco-argilloso e raccolte a mano a fine agosto. Il mosto fiore ottenuto dalla loro pigiatura viene affinato sulle fecce fini per 6 mesi in vasca d’acciaio. Il vino è molto interessante: di un giallo dorato luminoso ha profumi di frutta matura estiva e tropicale come la pesca bianca, il melone, l’ananas e il cocco, ma anche erbacei, minerali e iodati che sanno di mare e di macchia mediterranea; anche in bocca è fresco ma soprattutto sapido e con buona persistenza. Invecchiando evolve attraverso note fumé e di pietra focaia conservando bene la sua freschezza.

L’Ansonica di Cataldo Calabretta

L’Ansonica di Cataldo Calabretta è un sorso di Calabria che stupisce piacevolmente: il terroir unito al lavoro dell’uomo nel rispetto della natura e delle sue regole, regalano bellissime espressioni enologiche di qualità. Il gaglioppo, vitigno principe di queste colline affacciate sul mar Ionio, è ancora allevato ad alberello come alle origini; i terreni sono scalzati con l’aratro e concimati con il favino da sovescio. Nella vinificazione non si utilizzano lieviti selezionati e in vigna si usa solo rame e zolfo.

Vigneti di Cataldo Calabretta a Cirò (Fonte: www.cataldocalabretta.it)

 

Simbolo della cantina di Cataldo è l’arciglione, ossia una ronca, antico strumento di potatura dei viticoltori cirotani che si fa simbolo di questa cultura e tradizione. Fra storia e amore per la propria terra, oltre all’Ansonica nascono altre sei etichette: i Cirò Rosso Classico e Superiore DOC, i Cirò Bianco e Rosè DOC, un Alicante IGP rosato e un Malvasia passito IGT Calabria.

 

Sitografia 

www.cataldocalabretta.it

https://arpi.unipi.it

 

[1] Lo studio etimologico di Dalmasso e Alessio (1938) dimostra l’origine normanna del nome del vitigno racina soria che indica uva di colore dorato e da questa del vitigno che la produce.
[2] La vite Irziola, dice Plinio nel Libro XIV della sua Naturalis Historia, che è un prodotto speciale dell’Umbria, dell’Agro Mevanate e dell’agro Piceno (Irtiola Umbra Mevanatique et Piceno agro peculiaris est).
[3] Labra et al., 1999
[4] Carimi et al., 2010
[5] Il barone Mendola (1868) a proposito dell’inzolia bianca scrisse: “Le Insolie sono coltivate ‘ab antico’ in Sicilia. Hanno comune vigore di legno, copia e robustezza di capreoli, fogliame frastagliato. La più feconda e mostaia è la bianca dorata che pur piace alla bocca e abbonda in tutti i vigneti da Marsala a Catania”. Nel Catalogo dell’Hortus Catholicus del Cupani (1696) risultano tre tipi di inzolia, di cui due a frutto bianco: “Vitis mediocribus vinaceis, durulis, oblongis, candido-fulvis, sapidis, vulgo: Inzolia Vranca, eadem racemo, et granis majoribus; flavescentibus, sapidioribus, vulgo: Inzolia Imperiali o di Napuli”.
[6] L’Acerbi, il Cupani, il Di Rovasenda e il Mendola sotto il nome inzolia riportano diverse varietà riconducibili. Recenti studi (Carimi, l.c.) hanno dimostrato che l’inzolia Nera non è una mutazione di quella bianca e che le inzolie imperiali sono diverse dall’inzolia ma identiche alla varietà Regina (Robinson et al., 2012)
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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