Un breve itinerario per conoscere luoghi affascinanti ma soprattutto prelibatezze spagnole: cosa mangiare a Valencia e Madrid
Valencia
Valencia è una città che sorprende chiunque la visiti. Passeggiando tra le sue strade si percepisce un equilibrio unico tra tradizione e innovazione.
Da un lato c’è il fascino della Ciudad Vella, il centro storico, con i suoi vicoli stretti, le piazze animate e i palazzi gotici;
dall’altro, la modernità della Città delle Arti e delle Scienze, un complesso futuristico progettato da Santiago Calatrava diventato il simbolo della Valencia contemporanea.

Uno dei luoghi più affascinanti da visitare è la Lonja de la Seda, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Un tempo sede delle contrattazioni commerciali della seta, oggi è un capolavoro di architettura gotica che racconta la ricchezza e l’importanza di Valencia nei secoli passati.
Non può mancare una visita al Mercado Central, il cuore pulsante della vita quotidiana:
un tripudio di colori, profumi e bancarelle dove frutta fresca, spezie e prodotti tipici locali riempiono gli occhi e stuzzicano l’appetito.

Per chi ama l’arte sacra, la Cattedrale di Valencia custodisce un tesoro unico: il Santo Calice, che secondo la tradizione sarebbe il Graal usato da Gesù nell’Ultima Cena.
E poi c’è il mare. Valencia vanta ampie spiagge cittadine come la Playa de la Malvarrosa, perfetta per una passeggiata al tramonto.
A pochi chilometri dal centro, invece, si trova l’Albufera, una laguna naturale circondata da risaie, culla della paella e luogo ideale per una gita in barca immersi nella natura.
Valencia è così, una città che unisce cultura, gastronomia e relax, capace di conquistare sia chi cerca il patrimonio storico sia chi desidera respirare la modernità e l’energia mediterranea.
Cosa mangiare a Valencia:
- Paella valenciana y paella de mariscos
Valencia, come detto in precedenza, è dunque la patria della paella, un piatto che non è solo cibo, ma simbolo d’identità e condivisione.
Le sue origini affondano tra gli arrozales (le risaie) intorno all’Albufera ed era il pranzo semplice dei contadini del posto; secondo e fonti storiche nacque tra il XV e il XVI secolo.
Si preparava con gli ingredienti che avevano a portata di mano ovvero riso, fagioli (i garrafones, una varietà autoctona valenciana), pomodori, carciofi, asparagi, peperoni, lumache e spezie varie.
Con il tempo si arricchì di pezzi di carne di coniglio, pollo e zafferano, fino a diventare il piatto iconico che conosciamo oggi.

Il nome deriva dal latino patella (l’italiana padella), e indicava una pentola in ferro poco profonda e larga dai 20 centimetri ai 2 metri, con due manici; oggi si chiama paellera.
La paella nasce come pietanza da poter condividere: serviva infatti a sfamare intere famiglie, spesso anche più nuclei riuniti insieme.
Tradizionalmente veniva cucinata all’aperto, su un fuoco acceso con legna di arancio, tipica delle campagne valenciane.
Questo tipo di legna brucia lentamente e in maniera costante, permettendo una diffusione uniforme del calore e quindi una cottura omogenea del riso.
Il riso per la paella è l’Arroz de Valencia DOP, coltivato nelle risaie dell’Albufera fin dal XIII secolo. Tra le varietà, la più apprezzata è il Bomba, caratterizzata da chicchi corti e tondeggianti.
La sua particolarità sta nella capacità di assorbire grandi quantità di brodo e aromi senza rompersi, arrivando persino a raddoppiare di volume durante la cottura.
Inoltre, grazie al basso contenuto di amido, il riso Bomba rimane sgranato e consistente, rendendolo ideale per la preparazione di una paella perfetta, che deve fare rigorosamente la crosticina.
L’alternativa alla paella valenciana è la paella de mariscos ha sostituito la carne con i frutti di mare freschi, regalando un gusto più iodato e vivace, molto amato a Valencia.

- Fideuà de mariscos
Fra le cose da mangiare a Valencia c’è l’alternativa in pasta della paella, ossia la fideuà, una prelibatezza nata quasi per caso sulla costa valenciana.
La tradizione narra che la fideuà fu inventata su una imbarcazione negli anni ’20 del secolo scorso, una barca da pesca chiamata Santa Isabel.
Il cuoco di bordo, tale Gabriel Rodríguez Pastor, conosciuto come Gabrielo, si trovava in difficoltà perché il capitano della nave era solito consumare moltissima paella.
Così, assieme al suo aiutante soprannominato Zábalo, pensando che il piatto sarebbe risultato meno appetitoso, decise di usare al suo posto i fideos, ovvero degli spaghettini tagliati corti.

Il risultato, invece, fu inaspettato: un piatto nuovo che da quel momento fu amatissimo anche sulla terraferma.
La città di Gandia, sulla costa valenciana, è da sempre considerata la patria della fideuà e ogni anno ospita il Concurso Internacional de Fideuà de Gandia.
Si trova sia in versione valenciana che in versione de mariscos. Da assaggiare sicuramente!
- Agua de Valencia
Per dissetarsi niente di meglio di un sorso di Agua de Valencia, un cocktail frizzante a base di succo d’arancia, spumante Cava e un tocco di spirito festivo. La versione spagnola del nostro Spritz.
→LEGGI ANCHE IL POST SULLO SPRITZ
L’arancia di Valencia è un altro dei simboli della città: le arance arrivarono in Spagna grazie agli Arabi, che le portarono dall’Asia attraverso il Nord Africa.
Fu proprio a Valencia, tra il XVIII e XIX secolo, che l’arancia dolce soppiantò le varietà amare, trasformando la regione nel cuore degli agrumeti spagnoli e rendendola celebre nel mondo.

- Empanadillas
Tra le specialità da provare a Valencia non ci sono solo paella e fideuà, ma anche piccoli bocconi di tradizione popolare: le empanadillas.
Si tratta di fagottini di pasta sottile, generalmente a forma di mezzaluna, ripieni di ingredienti semplici ma saporiti, proprio come i nostri panzerotti.

Nella versione valenciana il ripieno tradizionale è a base di tonno, pomodoro, uova sode, cipolle, peperoni (de atύn y pisto), ma ne esistono molte varianti, con carne, pollo, verdure o formaggi.
- Bocadillo de jamón serrano y jamón ibérico
In tutta la Spagna non c’è tapas bar o festa che non abbia come protagonista il prosciutto crudo, simbolo assoluto della cultura gastronomica iberica.
Due sono le grandi tipologie da conoscere e assaggiare: lo jamón serrano e lo jamón ibérico.
Lo jamón serrano prende il nome dalla parola sierra, cioè ‘montagna’; infatti, era tradizione far stagionare i prosciutti lì, dove l’aria fresca e secca garantiva una conservazione naturale perfetta.
È un prodotto dal gusto intenso ma più delicato, ottenuto da maiali bianchi e stagionato generalmente dai 12 ai 18 mesi.
È quello che si trova più facilmente nei mercati e nelle case spagnole, spesso servito in semplici ma deliziosi bocadillos (panini) o come tapas.

Lo jamón ibérico, invece, è considerato un vero tesoro nazionale; si ottiene dal maiale iberico, una razza autoctona allevata soprattutto nelle regioni sud-occidentali della Spagna.
La varietà più pregiata è il famoso Jamón Ibérico de Bellota:
viene realizzato con maiali allevati allo stato semibrado, che si nutrono di ghiande (bellotas) durante la montanera, ovvero il periodo di pascolo libero nelle dehesas.
Questo regime alimentare dona al prosciutto un sapore unico, ricco e persistente, con note dolci e una consistenza che quasi si scioglie in bocca.
La stagionatura è molto più lunga, da 24 fino a 48 mesi; sia lo jamón serrano che quello ibérico si gustano rigorosamente a fette sottili, tagliate al coltello.
- Croquetas de jamón ibérico
Le croquetas de jamón ibérico sono un’altra delle cose imperdibili da mangiare a Valencia e Madrid; sono infatti tra le tapas più amate di tutta la Spagna e non sono a base di patate.
Piccole all’esterno ma ricchissime dentro, rappresentano alla perfezione la capacità della cucina iberica di trasformare ingredienti semplici in autentiche delizie.
La ricetta nasce come piatto di recupero: in passato si usavano gli avanzi di prosciutto per arricchire un impasto a base di besciamella densa.
Una volta raffreddata veniva modellata in piccole porzioni, impanata e fritta fino a diventare dorata e croccante.

L’interno rimane cremoso e vellutato, mentre il prosciutto regala il suo sapore deciso e inconfondibile.
Le croquetas si trovano in qualsiasi locale o ristorante spagnolo, servite calde appena fritte, da gustare con una cerveza fresca o una bella sangria.
- Fartóns y horcata de chufa
Fra le cose dolci da mangiare a Valencia ci sono i fartóns con l’horcata de chufa specialità della colazione valenciana.
Secondo la leggenda, quando il Re Jaime I conquistò Valencia, assaggiò una bevanda a base di chufa e la definì ‘oro, chata!’, da cui deriverebbe il nome horchata.
Si tratta di un latte vegetale ricavato da piccoli tuberi chiamati chufa[1], coltivati nella zona di Alboraya fin dall’epoca araba.

Conosciuta già nell’Antico Egitto come ‘bevanda dei faraoni’, oggi è apprezzata come super-food per le sue proprietà nutritive.
L’horcata de chufa è infatti ricca di vitamine e minerali, povera di sodio e adatta agli intolleranti al lattosio.
Ad accompagnarla la mattina ci sono i fartóns, dolci soffici e allungati nati negli anni ’60, sempre ad ad Alboraya.

Grazie all’impasto leggero con olio di semi di girasole, sono perfetti da inzuppare nell’horchata servita nei tradizionali bicchieri alti.
Esistono anche versioni glassate o cosparse di zucchero a velo, ma tutte hanno in comune la loro consistenza spugnosa, ideale per assorbire la bevanda.
Da assaggiare anche la ensaimada mallorquina, nata a Maiorca ma ormai diffusa in tutta la Spagna e molto amata anche a Valencia e Madrid.

È una soffice brioche a forma di spirale, realizzata con un impasto leggero di farina, zucchero, uova e lievito, arricchito dallo strutto (in catalano saïm), da cui deriva il nome del dolce.
Le sue origini risalgono al XVII secolo e pare che l’ensaimada fosse già consumata a Maiorca nelle feste e nelle occasioni speciali.
Nel tempo, da semplice dolce delle isole Baleari è diventata un simbolo nazionale, riconosciuto persino con il marchio IGP (Indicación Geográfica Protegida).
Ne esistono molte varianti: semplice, spolverata di zucchero a velo, oppure farcita con crema, cioccolato o con la tipica cabello de ángel, una marmellata a base di zucca candita.
La sua forma a spirale non è solo estetica: la sfoglia arrotolata la rende incredibilmente soffice e adatta a essere gustata in qualsiasi momento della giornata, dalla colazione alla merenda.
- Turrones
La Comunità Valenciana è la culla del turrón spagnolo, prodotto soprattutto ad Alicante e Jijona (Xixona).
Le due varianti più famose sono appunto il turrón de Alicante, duro e croccante con mandorle intere e miele, e il turrón de Jijona, morbido e cremoso grazie alle mandorle tritate.
Entrambi godono della IGP (Indicación Geográfica Protegida), che ne certifica qualità e legame con il territorio.
→LEGGI ANCHE IL POST SUL TORRONE DI BAGNARA IGP
Madrid
Madrid è una grande città che non lascia indifferenti: elegante e vivace, unisce la maestosità delle sue piazze e dei suoi palazzi alla vitalità dei mercati e dei quartieri popolari.
Passeggiare nel cuore della capitale spagnola significa respirare la storia e al tempo stesso la quotidianità del posto.
Uno dei luoghi più iconici è senza dubbio la Plaza Mayor, con i suoi portici, le facciate rosse e l’atmosfera sempre dinamica.

È qui che, come un rituale, si assaggia il famoso bocadillo de calamares, il panino con calamari fritti, simbolo gastronomico della città.
Poco distante si trova la Puerta del Sol, centro nevralgico della vita madrilena, con la statua dell’Orso e del Corbezzolo, emblema della capitale.

Per chi ama l’arte, Madrid è un vero paradiso: Il Triangolo d’Oro dei musei comprende il Prado, che custodisce capolavori di Velázquez e Goya;
il Museo Reina Sofía, dove spicca il celebre ‘Guernica’ di Picasso, e il Thyssen-Bornemisza, con una collezione che abbraccia secoli di storia dell’arte.

Ma Madrid è anche una città verde: il Parque del Retiro con il suo laghetto e il Palazzo di Cristallo, è il luogo perfetto per rilassarsi tra una visita e l’altra.
La sera, invece, la vita pulsa lungo la Gran Vía, ricca di teatri, cinema e locali, dove si percepisce la sua vera anima moderna.
Una città regale ma accogliente, che non vive solo di monumenti e attrazioni ma di esperienze, incontri e sapori che restano impressi nel cuore.
Cosa mangiare a Madrid:
- Bocadillo de calamares
Appena citato tra le cose da mangiare a Madrid, il bocadillo de calamares è una vera istituzione di questa città.
Semplice, economico e saporito, è diventato appunto l’icona dello street-food della capitale spagnola e un rito per chiunque voglia vivere la città come un vero madrileno.

Il panino è composto da una baguette croccante riempita con calamari fritti in pastella, dorati e fragranti, spesso con un leggero tocco di maionese o salsa alioli, ma è molto meglio al naturale.
Le origini del bocadillo de calamares si intrecciano con la storia popolare di Madrid.
Essendo la città lontana dal mare, il pesce era considerato un lusso; tuttavia, grazie ai trasporti ferroviari e alla diffusione del ghiaccio, i calamari arrivarono sempre più facilmente dalle coste.
Economici e facili da cucinare, conquistarono rapidamente i mercati e le taverne madrilene.
Così nacque questo panino, oggi venduto nei locali e nelle friggitorie attorno alla Plaza Mayor, che ne è diventata la ‘casa ufficiale’.
- Tapas
Tapas vuol dire Spagna: non un semplice cibo, ma una cultura del mangiare insieme, fatta di assaggi, chiacchiere e buonumore.
In città come Madrid o Valencia, ir de tapas significa girare di bar in bar assaggiando piccole porzioni diverse, sempre accompagnate da una cerveza fresca, un calice di vino o un bicchiere di sangria.
È un modo di vivere la città, di socializzare e di gustare tanti piatti in una sola serata.
Secondo il Diccionario de la Real Academia Española, la tapa è una piccola porzione di cibo che si serve accompagnata con una bevanda.

Letteralmente significa ‘coperchio’; si dice che l’usanza sia nata in Andalusia, quando nei bar si usava coprire i bicchieri di vino con del cibo per evitare che vi entrassero insetti o polvere[2].
Le tapas non sono un piatto specifico, ma un universo di sapori: dalle patatas bravas croccanti e piccanti alle croquetas de jamón, dai pimientos de padrón alla tortilla de patatas.
Bisognerebbe provarle tutte!
- Patatas bravas
Tra le tapas più popolari ci sono senza dubbio le patatas bravas, un piatto semplice ma irresistibile, capace di raccontare lo spirito della cucina iberica.
Si tratta di patate tagliate a tocchetti irregolari, fritte fino a diventare croccanti fuori e morbide dentro, servite con la tipica salsa brava che vuol dire ‘coraggiosa’.
È proprio questa salsa a renderle uniche: piccante, dal colore rosso intenso, realizzata con pomodoro, cipolla, aglio paprika affumicata (il pimenton) e un tocco di peperoncino.

Soprattutto a Madrid, vengono accompagnate anche da una delicata salsa alioli (a base di aglio e olio), che bilancia la nota piccante con una cremosità avvolgente.
- Sangria
Fra le bevande simbolo della Spagna c’è senza dubbio la sangria, allegra, fruttata e conviviale.
È molto più di un semplice drink: rappresenta lo spirito festoso e accogliente del paese iberico, ideale da condividere in compagnia durante un pranzo o una serata d’estate.

Il nome deriva dal termine spagnolo sangre (sangue), per via del suo colore rosso intenso.
La ricetta tradizionale nasce nel XIX secolo e ha come base il vino rosso;
a questo vengono aggiunti pezzi di frutta fresca, solitamente arance, limoni, mele e pesche, insieme a zucchero, cannella e, talvolta, un goccio di brandy o liquore[3].
→LEGGI ANCHE IL POST SUL VIN BRULE’
Il risultato è una bevanda profumata e rinfrescante, servita ben fredda in caraffe capienti.
Con il tempo sono nate numerose varianti, come la sangria blanca, preparata con vino bianco, o quella con spumante, più leggera e frizzante.
In tutte le versioni, la frutta non è solo un ingrediente: è parte integrante dell’esperienza, da gustare a fine bevuta, intrisa di vino e aromi.
Oggi la sangria è apprezzata in tutto il mondo, ma berla in Spagna, in una terrazza assolata o in un bar di tapas, conserva un sapore speciale.
- Pimientos de Padrón
Altro giro, altra tapa: i pimientos de Padrón sono piccoli peperoni verdi originari del paesino galiziano di Padrón, nella provincia di A Coruña.
A prima vista sembrano tutti uguali, ma il loro fascino sta proprio nell’imprevedibilità: la maggior parte ha un sapore dolce e delicato, ma alcuni nascondono una piccantezza inaspettata.
Da qui il famoso detto spagnolo: ‘Os pementos de Padrón, uns pican e outros non’ (‘I peperoni di Padrón, alcuni piccano e altri no’).
La ricetta tradizionale è semplicissima: i peperoni vengono fritti velocemente in olio d’oliva e serviti caldi, spolverati con abbondante sale grosso.

Il risultato è una tapa leggera, saporita e irresistibile, perfetta da accompagnare con una cerveza fresca.
Le origini di questi peperoni risalgono al XVII secolo, quando furono portati in Galizia da frati francescani provenienti dal Messico.
Oggi sono coltivati soprattutto nella zona di Herbón, vicina a Padrón, e godono della Denominación de Origen Protegida (DOP).
- Cocido Madrileño
Il cocido madrileño è molto più di una semplice zuppa: è un piatto identitario, che racconta la storia e le tradizioni di Madrid.
Si tratta di uno stufato ricco e sostanzioso, preparato con ceci, diversi tagli di carne (manzo, maiale, pollo), verdure e insaccati tipici come il chorizo e la morcilla[4].
Le origini del cocido risalgono al Medioevo e affondano probabilmente nella cucina sefardita, che utilizzava i ceci come base per piatti unici, arricchiti poi nel tempo con carne e ortaggi[5].
Con il passare dei secoli, divenne il piatto popolare per eccellenza, ideale per riscaldarsi nei rigidi inverni della Meseta spagnola.
Una delle caratteristiche più curiose del cocido madrileño è il modo in cui viene servito: non tutto insieme, ma in tre portate (los tres vuelcos)[6].

Prima si gusta il brodo, ricco e saporito, solitamente con pasta fine; poi arrivano i ceci e le verdure e infine, la parte più attesa: le carnes (carni e insaccati), da condividere a centro tavola.
Secondo alcuni storici il cocido madrileño si sarebbe consolidato tra il XVII e il XVIII secolo come piatto popolare e cittadino, molto diffuso nelle osterie di Madrid, che lo servivano come pasto completo ed economico.
La sua ricchezza di ingredienti lo rese poi appetibile anche alla borghesia ottocentesca, fino ad arrivare nei menù dei ristoranti più eleganti della capitale.
Oggi il cocido madrileño è considerato il piatto della domenica o delle feste: riunisce famiglie e amici attorno a tavole imbandite, diventando un momento di convivialità e di tradizione gastronomica.
Molti ristoranti tipici di Madrid lo propongono ancora nei menù, soprattutto nei mesi invernali, come simbolo autentico della cucina castigliana; nei mesi estivi si trova solo alcuni giorni della settimana.
- Fabada de Asturias
La fabada asturiana è uno dei piatti più celebri del nord della Spagna, simbolo della cucina delle Asturie.
Si tratta di uno stufato ricco e saporito a base di fabes de la Granja, una varietà di fagioli bianchi grandi e burrosi, coltivati proprio in questa regione.
A questi si aggiungono carni e insaccati tipici come il chorizo, la morcilla asturiana (salsiccia di sangue affumicata) e il lacón (spalla di maiale), che donano al piatto un gusto intenso e affumicato.

Le origini della fabada risalgono probabilmente al XVII secolo, quando i fagioli iniziarono a diffondersi in Europa dopo l’arrivo dalle Americhe.
Nelle Asturie, terra di clima umido e rigido, questo legume trovò un terreno ideale, diventando la base di un piatto capace di riscaldare i contadini durante i lunghi inverni.
Con il tempo, la fabada asturiana è diventata un emblema identitario della regione, tanto che le fabes hanno ottenuto la Denominación de Origen Protegida (DOP).
Tradizionalmente, la fabada si serve come piatto unico e in grandi quantità, perfetta per le riunioni familiari o le feste popolari.
È un piatto che richiede pazienza: deve cuocere lentamente per ore, finché i fagioli non diventano cremosi e assorbono tutti gli aromi della carne e delle spezie.
Oggi la fabada asturiana è conosciuta e amata in tutta la Spagna, tanto da essere considerata, insieme alla paella e al cocido, uno dei tre grandi stufati nazionali.
- Cerveza
La cerveza non è solo una bevanda, è un vero e proprio stile di vita.
Che sia a pranzo, durante una serata di tapas o in una piazza assolata, la birra accompagna le giornate con la sua freschezza e semplicità.
La tradizione birraria spagnola non è antica quanto quella del vino, ma ha radici solide.

Le prime fabbriche di birra moderne comparvero nel XIX secolo, quando iniziò a diffondersi lo stile lager, leggero e dissetante, perfetto per il clima caldo della penisola iberica.
Proprio questa leggerezza è ancora oggi il tratto distintivo della maggior parte delle cervezas spagnole: gradazione contenuta, gusto fresco e facile da bere.
Un aspetto curioso della cultura spagnola è il modo di bere la cerveza:
spesso viene servita in piccoli bicchieri chiamati cañas, da gustare rapidamente e sempre fresca, magari accompagnata da una tapa.
- Tortilla de patatas
La tortilla de patatas, conosciuta anche come tortilla española, è un altro dei dei piatti simbolo della cucina spagnola.

A prima vista può sembrare una semplice frittata, ma in realtà è un’istituzione gastronomica, amata in ogni angolo del Paese e servita sia come piatto unico che come tapa.
Gli ingredienti sono pochi e poveri, ossia patate, uova, olio d’oliva e cipolla (anche se esiste una discussione infinita tra chi la vuole con o senza cipolla).
Le patate vengono fritte lentamente in abbondante olio d’oliva, poi mescolate con le uova sbattute e infine cotte in padella fino a ottenere una tortilla alta, morbida e succosa al centro.
Le sue origini non sono del tutto certe.
Una leggenda racconta che nacque nel XIX secolo in Navarra, come piatto di emergenza preparato da una contadina per il generale carlista Tomás de Zumalacárregui, durante una guerra civile.
Con pochi ingredienti a disposizione, cucinò una frittata che ebbe così tanto successo da diffondersi in tutta la Spagna.
In ogni caso, la tortilla rappresenta perfettamente la cucina popolare: semplice, economica e nutriente.
Oggi è un piatto che si trova ovunque: nei bar servita come tapa, nei ristoranti come secondo piatto e nelle case come comfort food per eccellenza.
Ogni famiglia ha la sua ricetta segreta: più o meno alta, con cipolla o senza, cremosa o ben cotta.
- Churros y chocolate
Se c’è un’immagine che racconta la dolcezza della Spagna, è quella di una tazza fumante di cioccolata calda con accanto una montagna di churros croccanti.
Questo abbinamento è una vera istituzione, soprattutto a Madrid, dove è tradizione consumarlo a colazione o come spuntino nelle cioccolaterie storiche del centro.

I churros sono bastoncini di pasta fritta, croccanti fuori e morbidi dentro, ottenuti da un impasto semplice di farina, acqua e sale.
Vengono spolverati di zucchero e serviti caldi, pronti da intingere nella densa cioccolata calda spagnola, molto più corposa rispetto a quella a cui siamo abituati altrove, quasi una crema.
Le origini dei churros sono avvolte nella leggenda: secondo alcuni furono i pastori spagnoli a inventarli, come alternativa al pane, poiché potevano prepararli facilmente sul fuoco all’aperto.
Il nome deriverebbe dalla somiglianza con le corna delle pecore churra, tipiche della Spagna.
Con il tempo, i churros hanno conquistato le città e sono diventati protagonisti di feste popolari, mercati e colazioni domenicali.
Oggi si possono trovare in tutta la Spagna, serviti non solo con cioccolata calda ma anche con varianti più moderne, come farciti di crema o cioccolato.
Tuttavia, il rito più autentico resta quello madrileno: alzarsi presto, sedersi in una churrería e intingere i churros nella cioccolata densa, per iniziare la giornata con un’esplosione di energia e gusto.
- Caramelos de Violetas
Tra i souvenir gastronomici più particolari della capitale spagnola ci sono i caramelos de violetas, piccole caramelle dal colore viola intenso.
Sono un dolce tipicamente madrileno nato all’inizio del ‘900, quando un confettiere della città ebbe l’idea di realizzare una caramella con l’aroma dei fiori di violetta, molto diffusi a Madrid.
La loro forma ricorda proprio i petali del fiore, e il gusto, delicato e floreale, le ha rese fin da subito un dono raffinato e originale.
Non a caso, i caramelos de violetas divennero rapidamente popolari tra la nobiltà e la borghesia madrilena.
Si racconta che persino la regina divenne una grande estimatrice di queste piccole dolcezze.
Oggi si possono trovare nelle storiche confetterie del centro, vendute spesso in scatoline eleganti di latta che le rendono un regalo perfetto.
