Cultura

I palmenti di Pietragalla, le ‘grotte’ del vino in Basilicata

Parco urbano dei palmenti di Pietragalla (PZ)

C’è un un piccolo comune in provincia di Potenza dove la cultura del vino è rappresentata da un particolarissimo ed unico sito di architettura rurale: Pietragalla e il parco urbano dei palmenti

Con l’antico termine ‘palmento’ si indica il luogo atto alla pigiatura delle uve.

Deriverebbe dal latino volgare paumentum erede del classico pavimentum che indica il pavimento del locale dove si pigiavano o si macinavano le uve.

Secondo altri studiosi invece deriverebbe da pavire ovvero ‘battere’, o anche da palmes, il tralcio della vite.

Altri ancora sostengono che palmento derivi da palamentum, denominazione di un mulino a pale e del suo meccanismo[1].

Di questi pigiatoi per le uve abbiamo già parlato in un precedente post, a proposito degli oltre 750 palmenti rupestri recensiti in Calabria, precisamente nella Locride (LEGGI IL POST).

Questi palmenti sono presenti anche in molti paesi dell’area del Mediterraneo dall’Armenia a Cipro, dalla Corsica, alla Francia, a Malta, alla Spagna, Israele e Mauritania.

Rappresentano un’evidenza archeologica molto importante perché raccontano la storia di questi territori legati alla produzione del vino e alla sua cultura.

In Italia sono stati ritrovati esemplari di palmenti in diverse regioni da nord a sud come la Liguria, la Toscana, la Campania, la Sardegna e la Sicilia[2].

In Basilicata, precisamente nel borgo medievale di Pietragalla in provincia di Potenza, i palmenti si trovano calati in un vero e proprio complesso architettonico a metà fra il paesaggio urbano e quello rurale.

Parco urbano dei palmenti di Pietragalla (PZ)
Il parco urbano dei palmenti di Pietragalla (PZ)

I palmenti di Pietragalla sono infatti un sito storico molto significativo per l’omogeneità, l’estensione, per le caratteristiche costruttive e il luogo su cui l’insediamento è sorto.

L’area ha un’estensione di circa due ettari ed è posta strategicamente tra l’antico borgo e le vigne; è costituito da un particolare sistema di ‘grotte’, per lo più ipogee, adibite alla trasformazione delle uve.

Parco urbano dei palmenti di Pietragalla (PZ)

Queste rutt adibite ad uso privato delle famiglie pietragallesi sono circa 200, disposte in modo casuale tipico delle costruzioni spontanee, scavate nella roccia arenaria facilmente lavorabile.

Le prime notizie relative a quest’agglomerato rurale, sito in contrada “Tofi”, risalgono al XIX secolo, anche se la tipologia era già in uso dal 1705, come si evince da alcuni documenti storici della Basilicata[3].

Il sistema minimo di lavorazione è formato da una piccola vasca (circa 0,80 x 1,00 x 0,60 m) per la pigiatura dell’uva seguito da un vascone più ampio e profondo che è il vero e proprio palmento.

Pietragalla palmenti interno
L’interno di uno degli oltre 200 palmenti di Pietragalla (PZ)

È qui che avviene la fermentazione del mosto (circa 3,00 x 4,00 x 2,00 m), adiacente alla vasca della pigiatura.

Ad essa è direttamente collegata un’altra vasca per spillare il vino, detta palmentedda, collegata con quella di fermentazione.

La quota differenziata di ogni vasca permetteva il facile travaso dall’una all’altra.

Le dimensioni delle varie vasche erano relazionate alle misure umane e alla produzione vinicola.

All’interno degli ambienti sono sempre presenti delle nicchie per tenere vivande e candele; spesso sul soffitto della vasca della pigiatura troviamo infisso un robusto anello di ferro che serviva d’appiglio al pigiatore.

Come altre costruzioni rurali seguono il principio elementare d’economia costruttiva, utilizzando i materiali presenti entro i limiti ristretti dell’ambiente circostante.

Il materiale scavato, ridotto a blocchi lapidei regolari, veniva impiegato sia per la costruzione delle volte che per la realizzazione della facciata, dove veniva ricavato l’unico accesso.

Al di sopra del varco è spesso presente una piccola feritoia che serviva per la fuoriuscita dell’anidride carbonica prodotta durante la fermentazione del mosto.

Palmenti di Pietragalla (PZ)

Il paramento esterno è realizzato in conci di pietra più dura, alquanto regolari e molto spesso si raccordano nella sommità con le linee curve del terreno.

L’uscio è spesso protetto con porticine in legno.

I palmenti di Pietragalla sono frutto dell’ingegno dei contadini locali che una volta avvenuta la vinificazione trasportavano facilmente il prodotto presso le proprie abitazioni per farlo affinare nelle cantine.

I palmenti furono utilizzati fino alla fine degli anni Sessanta; addirittura c’è ancora oggi chi vinifica qui salvaguardando nel tempo la struttura, le vasche ma soprattutto la memoria della civiltà contadina.

Vino palmenti di Pietragalla (PZ)
Il vino prodotto ancora nei palmenti di Pietragalla (PZ)

Tutti quelli che vengono a visitare il parco urbano dei palmenti di Pietragalla restano incantati dal paesaggio che questi disegnano in perfetta armonia con il territorio.

 

Come raggiungere il PARCO URBANO DEI PALMENTI DI PIETRAGALLA:

Indirizzo: Via Luigi Cadorna, 94, 85016 Pietragalla PZ

 

LEGGI ANCHE I PALMENTI DI RUDINA, IL ‘BOSCO DEL VINO’

LEGGI ANCHE I PALMENTI RUPESTRI DELLA LOCRIDE

 

[1] La definizione è poi nei secoli passata a significare le macine del mulino che schiacciavano le olive per produrre l’olio o frantumare il grano per ricavarne farina. Il termine palmentum si trova in numerosi documenti medievali del IX e X sec. accanto a quello di trapetum, suo omologo per l’estrazione dell’olio.
[2] Liguria (San Lorenzo, Ventimiglia, IM), Emilia Romagna (zone appenniniche), Marche (San Leo, PU), Toscana (Sansepolcro, AR; Abbadia San Salvatore, SI; Vitozza, GR; Isola del Giglio, GR; Isola d’Elba, LI; Isola di Capraia, LI), Lazio (molte località delle Province di Viterbo e di Roma), Campania (Isola di Ischia), Basilicata (Pietragalla, PZ), Calabria (Ferruzzano, RC; Bruzzano, RC; Caraffa del Bianco, RC; S. Agata, RC; Casignana, RC), Sicilia (Montalbano Elicona, ME; Camastra, AG; Motta, ME; Moio Alcantara, ME), Sardegna (Arzolas, NU).
[3] Infatti, vengono citati palmentia casetta d’avanti di fabbrica’ in prossimità delle vigne di Pietragalla. soprattutto quando queste sono ubicate lontano dal centro abitato o palmenti all’interno di cantine ‘atte a tener vino con cortile avanti’ del centro abitato (Mancosa, Santa Maria delle Grazie e Casale).
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4 commenti

  1. Veramente uno spaccato interessante, grazie.

    1. Si Antonio, infatti! Uno spaccato molto interessante della storia del vino in Italia!

  2. Ho comperato una bottigli di vino rosso imbottigliato nel 2020 a Pietragalla.
    Sapore acidulò per cui non si avvertono particolari profumi.
    Prezzo eccessivo per la qualità.

  3. i palmenti non sono ” grotte” in quanto non scavati interamente nel terreno ma strutture semipogee che in origine erano all’aperto. Poi il Comune obbligò a coprire i palmenti. Le pietre di copertura non sono derivate dai blocchi ricavati dallo scavo ma presi in cave intorno al paese nelle campagne. I blocchi non potevano essere ricavati dalla realizzazione dello scavo in quanto le coperture sono avvenute tempo dopo a tufo già smaltito.. Il vino veniva trasportato nelle rutte ( dal greco crupta tradotto grotta) ossia luoghi scavati sotto il livello strada ed abitazioni in cima al paese a Nord nella Mancosa e conservato a maturare nelle botti ivi collocate. Rutte e palmenti come si intuisce sono luoghi completamente diversi. Le rutte avevano molti proprietari che conservavano le botti negli iazz ossia postazioni di allocamento delle botti di proprietà.

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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