Barrique botte disegno

Selezione e stagionatura, spacco, assemblaggio, riscaldamento, piegatura e tostatura: ecco come si fa una botte per il vino

Il termine botte deriva, secondo Giacomo Devoto[1], dal latino tardo bŭttis che significa ‘vasetto’ senza però connessioni evidenti.

Secondo Pianigiani[2] invece botte proviene dal basso latino butta che viene fatto risalire al tardo greco boùtis, ma è più verosimile che la sua etimologia sia da ritrovarsi nella radice celtico-germanica bot-but[3].

In diverse lingue originarie di questo ceppo il significato è ‘scarpa, calzatura, stivale’ e quindi piuttosto che alla forma si rimanderebbe al materiale con cui erano fatti i primi contenitori, cioè alla pelle o al cuoio delle otri.

All’inizio la botte era fabbricata scavando internamente pezzi di tronco.

Gli alberi da cui si ricavavano i legni erano diversi e diverse furono le sperimentazioni per trovare quello migliore per il vino.

Botte di legno
La botte

Solo successivamente apparvero le doghe, tenute assieme da cerchi di legno legati.

Le prime botti quindi avevano una forma tronco-conica, non comode per il trasporto.

Da qui l’esigenza di avere un contenitore rotondo da far rotolare e maneggiare più agilmente; la botte divenne panciuta, sempre più grande e con la cerchiatura delle doghe in ferro temperato.

Si comprese che il rovere, specialmente quello francese, era il legname più adatto per costruire botti e conservare il vino, anche se prima erano molto usati sia il ciliegio che il castagno.

LEGGI IL POST CORRELATO SULLA STORIA DELLA BOTTE

La botte è utilizzata per far maturare sia vini rossi che bianchi; la microporosità del legno permette lenti scambi di ossigeno che causano variazioni di colore, profumo e gusto.

Nel caso dei rossi questi perderanno il colore: le tonalità violacee e rubino del vino tenderanno a diventare granate o addirittura aranciate.

In botte l’ossigeno presente fa sì che gli antociani si ossidino e polimerizzino, precipitando (LEGGI ANCHE IL POST SULL’UVA).

Nei bianchi il colore si arricchirà, passando dai toni freddi del giallo paglierino al dorato, fino ad arrivare all’ambra e al topazio come accade per alcuni vini passiti e liquorosi (LEGGI ANCHE IL POST SUI PASSITI).

Il bouquet, invece, sia nei bianchi che nei rossi, si amplierà con diverse sfumature odorose (LEGGI ANCHE IL POST SUI PROFUMI DEL VINO).

Pensiamo ai profumi (detti terziari) che grazie all’uso della botte si possono sprigionare in un bicchiere:

dalla vaniglia al legno di sandalo, dal cedro alla cannella, dalla nocciola alla liquirizia, dal tabacco al cioccolato fino al caffè.

Il riposo del vino detto sûr lie, ossia a contatto con i propri lieviti, lo protegge dall’ossidazione;

inoltre ne impreziosisce i profumi e ne irrobustisce la struttura, specialmente se si realizza il bâtonnage, cioè il rimescolamento periodico che riporta i lieviti in superficie.

Per quanto riguarda il gusto, quando il vino sosta in botte diventa più morbido ed equilibrato perché gli acidi si trasformano e i tannini giovani modificano la propria struttura, polimerizzano e in parte precipitano.

La costruzione della botte

Per fare la botte viene utilizzato il durame o massello (anche cuore del legno), ossia la parte più interna e più vecchia del tronco dell’albero.

Quest’ultima, a seguito del processo di duramificazione delle cellule, si scurisce e diventa più resistente rispetto all’alburno, ovvero la parte più esterna e giovane del tronco.

Altro elemento fondamentale per fare una botte è la grana del legno: quella grossa è caratteristica di alberi che crescono velocemente, quella fine di alberi che invece crescono più lentamente.

La grana grossa del legno determina nella botte una minore porosità del legno e quindi poco scambio fra liquido ed ossigeno.

Perciò la maturazione del vino richiederà più tempo e verranno rilasciate più sostanze fenoliche e meno aromatiche.

Nel caso di una grana fine il legno rilascerà invece una minore quantità di sostanze ma una maggiore aromaticità.

La botte è composta di doghe, cioè strisce di legno; queste possono essere ottenute in due modi, segate o a spacco.

Quest’ultima è però quella che permette di avere contenitori di qualità poiché segue le naturali venature del legno, diminuendone così la permeabilità.

Dopo lo spacco, le doghe sono fatte stagionare all’aperto per un tempo variabile (da 12 a 36 mesi).

Durante questo periodo l’acqua contenuta nel legno evapora conferendogli maggiore compattezza e robustezza.

La stagionatura delle doghe per la botte può essere effettuata artificialmente anche in speciali forni.

Nei primi mesi il legno è lasciato senza copertura per mantenere attiva la flora fungina e per eliminare il tannino in eccesso.

Le tavole vengono riposizionate spesso per evitare scompensi e poste al sole per asciugarsi e maturare.

Per chi produce botti di un certo livello, questa è sicuramente un’operazione molto costosa.

Una volta superato questo passaggio le doghe spaccate sono ulteriormente tagliate su misura.

Si refilano per eliminare le parti dell’alburno e del midollo eventualmente ancora presenti, si sagomano e si smussano sui lati affinché possano incastrarsi perfettamente.

Verificata la stessa lunghezza delle doghe della botte, il bottaio le inizia ad assemblare una ad una utilizzando un primo cerchio e poi un secondo, incastrandolo col martello.

Assemblaggio doghe botte
Assemblaggio doghe della botte (Fonte: www.whiskyadvocate.com)

La botte inizia così ad assumere una forma detta ‘vaso’ o ‘gonna’. L’operazione seguente è quella del riscaldamento e piegatura delle doghe.

Cerchiatura della botte
Cerchiatura della botte (Fonte: monkey47.com)

Dopo aver posizionato un braciere al centro del vaso per permettere al calore di penetrare, le doghe saranno più flessibili e facili da lavorare.

Le doghe vengono anche bagnate per aumentare il calore interno sfruttando il vapore; piegate le doghe con l’aiuto di un martinetto, si iniziano a mettere gli anelli per poi passare alla tostatura.

La tostatura può essere effettuata con un coperchio per trattenere il calore oppure all’aperto, a fiamma libera.

A seconda dell’uso della botte si procede al grado di tostatura del legno.

Ci saranno botti a media tostatura che cederanno più lentamente al vino i loro elementi e botti ad elevata tostatura che regaleranno subito profumi decisi.

Il legno è composto per l’85% da polimeri: polisaccaridici (cellulosa al 40% ed emicellulosa al 20%) e polifenolici (lignine al 25%).

Questi composti identificano soprattutto le caratteristiche fisiche del legno; in parte però concorrono anche alla cessione delle molecole aromatiche, esclusivamente dopo la tostatura.

Effettuata la tostatura della botte si passa all’assemblaggio dei fondi, quello superiore e quello inferiore che chiuderanno ermeticamente il contenitore.

Questi sono disegnati col compasso e tagliati; praticata una scanalatura sulle due estremità della botte, vengono inseriti con una leva di ferro attraverso la pancia.

Grazie ai cerchi di ferro zincato spinti sul corpo con incudine e martello, la botte è pronta.

Il bottaio infine ripulisce e leviga la botte con carta abrasiva, la vernicia eventualmente e inserisce il tappo nel foro (chiamato cocchiume), e il rubinetto se richiesto.

Barrique piccola botte

Rispetto alla barrique, la costruzione della botte grande è un po’ più faticosa per via delle doghe più lunghe e spesse.

Per facilitare la piegatura delle doghe anticamente si usava assottigliare la parte centrale, che comprometteva però la resistenza della botte.

A differenza della barrique, la botte grande è lisciata sia internamente che esternamente.

La botte è sempre stata sinonimo di raffinatezza sia per chi produce che per chi consuma il vino; grazie al legno questo nettare migliora, conferendogli quelle peculiarità che altrimenti non potrebbe avere.

 

Bibliografia

Il mondo del sommelier, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 96-98

 

[1] Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana. Dizionario etimologico, Firenze 1968, pag. 52
[2] Ottorino Pianigiani, Vocabolario etimologico. Edizione aggiornata, La Spezia 1991, pag. 175
[3] Celtico-gallico: bôt; fiammingo bootje; inglese boot; francese botte
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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