Dolce e profumata, l’uva fragola ha rappresentato un pezzo della storia vitivinicola europea; oggi non è più commerciabile come vino, ma la ritroviamo ancora spesso sui pergolati dei giardini, sulle nostre tavole oppure nella “bevanda” Fragolino

E’ molto bello vedere l’uva fragola che si arrampica su per le pergole. Puoi trovarla in un mattino di fine estate mentre spicca coi suoi bei colori dalla tettoia di una casa di campagna; con le sue foglie grandi e i grappoli penzolanti regalano all’aria un delizioso profumo.

Pergolato di uva fragola

L’uva fragola è la buonissima varietà di uva da tavola e da vino derivate dalla vitis labrusca, specie di origine nordamericana caratterizzata dal sapore dolce della polpa e dall’odore inconfondibile, intenso e persistente che si avvicina molto a quello del succoso ed omonimo frutto. Questo suo profumo è detto “volpino” ed è comune ad altre specie di uva americana, come la Clinton.

Di uva fragola ne esistono poi, in realtà, diverse varietà anche bianche; nel mondo è nota con decine di sinonimi come uva americana, isabella, raisin de cassis; le foglie sono grandi, pelose nella pagina inferiore, opache e poco lobate; i tralci sono lunghi e di colore rosso, mentre i grappoli hanno acini rosso-neri di media grandezza, molto ravvicinati (giallo chiaro nella varietà bianca) e pruinosi.

Uva fragola

Ha una buona produttività e resistenza al gelo ed ai terreni umidi; di norma le viti non sono innestate e si moltiplicano per talea dando origine a piante dette a piede franco. La raccolta dell’uva fragola si effettua nella seconda metà di settembre fino all’inizio di ottobre; sembra inoltre avere grandi proprietà officinali, ed è sempre stata usata in fitoterapia.

Da noi è arrivata nei primi decenni del XIX secolo, dalle freddi regioni del Nord America: l’uva fragola è una pianta resistente a molti agenti patogeni, tra i quali l’oidio, la peronospora e, marginalmente, anche la fillossera, e ciò ne ha decretato la diffusione. Infatti, proprio quando queste malattie decimarono i vitigni di tutta Europa, le uve americane furono le sole a salvarsi.

Fu questa la sua fortuna: iniziò così ad essere vinificata, venendo in aiuto dei vignaioli e diventando poi un robusto portainnesto. Successivamente, quando i “pericoli” enologici furono sventati, arrivarono vari decreti ministeriali che portarono man mano al divieto di vinificazione e commercializzazione in Italia ed in Europa del vino ottenuto con l’uva fragola[1].

Non fu più consentito mettere sul mercato fermentati da uve diverse da quelle della vitis vinifera, come nel caso dell’uva fragola; questi potevano essere venduti solo utilizzando altri nomi. Per il Fragolino venne omesso il termine “vino”, che invece fu riservato esclusivamente al prodotto della fermentazione delle uve della nostra vite europea.

Il Fragolino oggi è una produzione quasi esclusivamente artigianale e contadina che continua ad essere molto apprezzato visto il suo gusto amabile, il suo profumo dolce ed aromatico, gradevole al palato con la sua bassa gradazione alcolica. In commercio lo troviamo invece come “bevanda a base di vino”.

Fragolino, la “bevanda” a base di vino ottenuta da uva fragola

In Europa oggi le coltivazioni domestiche di uva fragola sono presenti soprattutto sulle Alpi, e in particolare in Svizzera; è molto presente anche in Italia, e viene utilizzata spesso come ornamento di giardini e di porticati, ed essendo robusta non ha bisogno di particolari cure.

L’uva fragola viene anche distillata per ottenere l’acquavite, utilizzando le vinacce[2]; anche in questo caso è naturalmente vietata la menzione di “grappa” in etichetta, riservata esclusivamente ai distillati prodotti a partire da vinacce di vitis vinifera.

 

Sitografia

it.wikipedia.org

www.earmi.it

www.olioevino.org

 

[1] Il dilagare di questi ibridi troppo spesso considerati la soluzione nazionale al problema vinicolo, portarono ad una sovrapproduzione di vini scadenti e alla percezione del pericolo che rappresentavano per la qualità del prodotto. Con la legge del 23 marzo 1931 nr. 376 si vieta “la coltivazione dei vitigni ibridi produttori diretti” salvo che nelle province in cui gli organi ministeriali “ne riconoscano l’utilità” e con modalità da stabilirsi con decreto ministeriale. Esso non riguardava perciò l’uva fragola. Però pochi anni dopo, con la legge del 2 aprile 1936 nr. 729 si estendeva la norma anche ad essa stabilendo che il divieto si applica “anche alla coltivazione del vitigno isabella (vitis labrusca) sotto qualunque nome venga qualificata. Tale coltivazione è peraltro ammessa anche fuori dei limiti stabiliti, nei casi nei quali risulti accertato che è fatta solo allo scopo di produzione di uva destinata al consumo diretto“. Per consumo diretto doveva ovviamente intendersi sia il consumo come uva da tavola che la sua vinificazione. Queste norme venivano poi riprodotte nel T.U. del R.D. 16 luglio 1936 nr. 1634. Le disposizioni appena viste non sono mai state applicate con molta rigidità e sia l’uva fragola che gli ibridi produttori diretti hanno continuato ad essere coltivati. Né il ministero ha mai emanato i decreti che avrebbero dovuto disciplinarne la coltivazione. L’uva fragola si trovava del resto in regolare vendita sul mercato ortofrutticolo. L’art. 22 DPR del 12 febbraio 1965 nr. 162 proibiva, sic et simpliciter, la vinificazione di uve diverse dalla vitis vinifera; però subito, a seguito delle proteste dei coltivatori, l’art. 1 della legge 6 aprile 1966 n. 207 stabiliva che “sono vietati la detenzione a scopo di commercio ed il commercio dei mosti e dei vini non rispondenti alle definizioni stabilite o che abbiano subito trattamenti ed aggiunte non consentiti o che, anche se rispondenti alle definizioni e ai requisiti del presente decreto, provengono da vitigni diversi dalla vitis vinifera, eccezion fatta per i mosti ed i vini provenienti da determinati vitigni ibridi, la cui coltivazione potrà essere consentita con decreto del ministro per l’agricoltura e le foreste in relazione alle particolari condizioni ambientali di alcune zone ed alle caratteristiche intrinseche dei vitigni stessi…Si intendono detenuti a scopo di commercio i mosti o i vini che si trovano nella cantina o negli stabilimenti o nei locali dei produttori e dei commercianti“.
[2] Scarti dell’uva dopo la vinificazione
fb-share-icon20
Tweet 20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

* Questa casella GDPR è richiesta

*

Accetto / Accept

Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

Potrebbe anche interessarti...