Dioniso, una divinità eclettica
Fra gli dei dell’Olimpo, quello intorno al quale i Greci concepirono la maggior quantità di miti fu Dioniso. Fra le divinità della terra, insieme ad Afrodite dea della bellezza e dell’amore, godette le preferenze degli elleni, amanti dei piaceri come tutti i popoli che scommettono sulla vita e sono profondamente legati allo splendore della luce.
All’inizio si è pensato che fosse stato inserito in un periodo relativamente recente nel loro pantheon. Si riteneva che il dio, di origine tracia, fosse approdato in Grecia nel I millennio a.C. e che l’antico passato dell’Ellade non conoscesse questa divinità, così legata ai cicli della natura. Oggi la decifrazione di testi in lineare B, rinvenuti nelle corti micenee dei grandi palazzi del II millennio a.C. della Grecia continentale e di Creta, ha rivelato che il nome di Dioniso figurava tra le varie divinità del pantheon dei sovrani che avevano regnato su Micene, Tebe, Tirinto, Pilo, Sparta, Cnosso e La Canea.
Poi, in quest’ultima città in particolare, in una tavoletta rinvenuta nel palazzo miceneo, Dioniso è associato al santuario di Zeus e riceve da parte dell’autorità centrale, offerte di anfore riempite di miele. A Pilo, invece, sede del palazzo del mitico re Nestore, il vecchio sovrano saggio che aveva combattuto con gli altri principi achei sotto le mura di Troia, offerte di grano sono sacrificate a Dioniso. Possiamo quindi affermare che la vecchia tradizione che supponeva un’origine tardiva e tracia per Dioniso è da abbandonare: il dio non solo è attestato nei testi greci del II millennio a.C. ma addirittura è presente a Creta, dove lo vediamo associato al culto di Zeus.
Secondo la versione più diffusa del mito, Dioniso era nato dall’unione di Zeus con Sémele, figlia di Cadmo, re di Tebe. Zeus per avvicinare la donna, che era mortale, le aveva nascosto il suo vero aspetto, ma Sémele, istigata dalla gelosa Era, gli chiese di poterlo ammirare nella sua forma di dio del cielo, ma ed essendogli Zeus comparso con la folgore, restò incenerita.
Zeus allora salvò dal suo corpo il piccolo Dioniso cucendolo sotto la pelle della propria coscia per portarne a compimento la gestazione; quando il bimbo nacque, fu affidato ad Ermes che lo portò ad Orcomeno in Beozia e lo diede in custodia a Ino, sorella di Semele, e al marito Atamante, consigliando di farlo passare per una femmina, così da scampare all’ira della gelosia di Era. Ma quest’ultima lo venne a sapere e fece impazzire Io e Atamante, il quale uccise suo figlio credendolo un cervo, mentre la moglie si gettò in mare. Ermes salvò in tempo Dioniso, che trasformato in capriolo, venne affidato alle ninfe del monte Nisa, affinché lo allevassero.
Secondo la tradizione, l’isola di Naxo pretese di essere il luogo dove Dioniso trascorse la sua infanzia, e Dioniso, in segno della sua gratitudine per essere stato accolto, insegnò agli uomini la tecnica della vinificazione. Il dio, proprio a Naxo, incontrò Arianna, addormentata sulla spiaggia dopo essere stata abbandonata da Teseo. La sposò ed ebbe molti figli. Dioniso poi partì alla volta della conquista delle colonie greche accompagnato da satiri, baccanti, sileni, e menadi. Attraversò il Tigri cavalcando un leone che Zeus gli aveva regalato, e partecipò alle lotte contro i Giganti. Il dio inventore del vino, generatore di forza e di slancio, consolatore degli afflitti, fonte di letizia e di entusiasmo, non poteva non essere associato alla poesia e alla creazione letteraria.
E infatti la sua influenza sulle arti era celebrata in tutto il mondo greco. Questo dio benevolo, amante della vita, della gioia, dei piaceri e amico degli uomini, inventò anche l’aratro per alleviare le fatiche degli agricoltori che fino ad allora erano stati costretti a zappare la terra. Dopo essere entrato a far parte delle dodici divinità dell’Olimpo, Dioniso decise di scendere negli Inferi e regalare il mirto a Persefone, figlia della dea Demetra e rapita da Ade, diventata regina del mondo delle tenebre, per riavere con sé la madre Sémele. La dea accettò il dono e Sémele tornò sulla terra accanto a suo figlio.
Nelle feste Dionisie (o Dionisiache) che si celebravano durante il periodo della vendemmia, i Greci, con il viso imbrattato di mosto, improvvisavano scene comiche; per questo motivo Dioniso venne considerato l’inventore del dramma satiresco e il padre dell’arte drammatica e quindi della tragedia greca. Gli si attribuiscono anche le invenzioni del canto e della danza, espressioni dell’allegria generata dall’ubriachezza. Era anche ritenuto ispiratore degli indovini e capace di indurre nei suoi fedeli il delirio profetico (ad Anficlea, nella Focide, esisteva un oracolo di Dioniso).
Il culto di Dioniso, e poi di Bacco, esisteva in tutto il mondo classico e veniva celebrato specialmente la notte, alla luce delle fiaccole con riti speciali, caratterizzati da una carica selvaggia. Queste feste notturne furono definite dai Romani “Baccanali” le quali aprivano la porta a ogni sorta di licenza. All’inizio erano riservate alle sole donne, poi in seguito ad uomini e donne. Ci furono due consoli, Spurio Postumio Albino e Q. Mario Filippo che cercarono di limitarne la portata, quando nel 186 a.C. furono proibite dal Senato attraverso l’editto Senatus Consultum de Bacchanalibus. In età imperiale, invece, queste feste così apprezzate dai popoli, furono ripristinate e diventarono più frequenti di prima.
Bibliografia
Louis Godart, La cultura del vino in Italia. Verso il 2015, pp. 19-20