Panorama da Cirò Superiore

Un vino rosso che profuma di antico, che unisce la natura con la storia, le vigne col mare: è in questo spicchio di Calabria affacciato sullo Ionio che i grappoli maturano sotto al sole regalandoci il Cirò DOC

Il Cirò DOC non è solo un vino: è una tradizione che si tramanda di padre in figlio, è l’arte dei vignaioli che coltivano la vite da centinaia di anni sempre con la stessa passione, è il gaglioppo e la sua pura espressione.

Il gaglioppo trova la sua zona d’elezione proprio nell’area collinare di Cirò, in provincia di Crotone: è un’uva dalle origini antichissime, da sempre diffusa sulla costa adriatica e poi ionica.

Il nome gaglioppo deriva quasi sicuramente da un termine greco che significa ‘bellissimo piede’ (kalos e podos), dove per ‘piede’ si intende il rachide e quindi per estensione l’intero grappolo.

Grappolo uva gaglioppo Cirò DOC
Grappolo di gaglioppo

Una definizione appropriata perché la vista dei grappoli maturi di gaglioppo è davvero appagante anche a livello estetico.

Spesso in passato era confuso con il frappato, vitigno al quale morfologicamente (ma, a quanto pare, anche geneticamente) assomiglia molto.

Il gaglioppo in Calabria ha una diffusione capillare ed è ovviamente una varietà raccomandata in tutte le province.

È dunque previsto nel disciplinare di produzione di diverse DOC calabresi oltre alla Cirò, quali Melissa, Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, Bivongi, Terre di Cosenza, Lamezia, Savuto.

Con diversi altri sinonimi, da galloppo a navarna, da lacrima a mantonico nero o montonico nero, è coltivato anche in Campania e in qualche zona delle Marche (il Piceno in particolare) e della Sicilia.

Il grappolo è di taglia media o grande, di forma conica o piramidale, a volte corto e cilindrico, di solito compatto, semplice ma anche alato.

Gli acini sono di grandezza media, sferoidali o ovali per effetto dell’eventuale compattezza del grappolo, con una buccia di medio spessore, consistente, pruinosa di colore nero con riflessi rossastri.

La vendemmia di solito si effettua intorno alla metà di settembre.

Il gaglioppo per le sue caratteristiche varietali regala un vino non particolarmente intenso nel colore, un rubino dalle sfumature mattonate che si evidenziano meglio col tempo.

Del resto, il Cirò DOC è un vino di grande carattere e struttura, dal gusto pieno e ricco che proprio grazie al tempo ammorbidisce la sua componente tannica lasciando spazio a note più avvolgenti.

Il Cirò DOC ha un grande potenziale evolutivo; c’è chi, come lo scrittore e giornalista inglese Hugh Johnson, lo ha definito ‘il Barolo del Sud’ paragonando il gaglioppo alle uve di nebbiolo.

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Anche il bouquet è ampio e ben strutturato, dalle eleganti note fruttate e speziate a quelle balsamiche e iodate che si arricchiscono ed evolvono durante la maturazione e l’invecchiamento in legno.

Cirò Revolution
Il Cirò DOC Rosso e le sue sfumature di colore

Secondo gli studi il gaglioppo è imparentato con il più noto sangiovese, uva d’elezione toscana; gran parte dei vitigni che hanno contribuito al pedigree del sangiovese sono di origine calabrese e campana[1].

Infatti, il sangiovese è in realtà figlio di un vitigno campano, l’aglianicone o ciliegiolo e di un vitigno calabrese, portato nella zona del Lago Averno e chiamato per questo calabrese di Montenuovo.

Sarebbe arrivato nei Campi Flegrei nella prima metà dell’800 grazie ad una famiglia di albanesi, gli Strigari; questa varietà è stata identificata nel corso di uno studio del germoplasma viticolo.

Tornando al gaglioppo, abbiamo detto che quest’uva è alla base dello storico vino di Cirò, città della Magna Grecia un tempo nota come Krimisa (Crimisa, Crimissa o Cremissa) nata attorno al VII-VI secolo a.C.

Situata a nord di Crotone, Cirò comprende oggi il più antico centro di Cirò Superiore, posto sulle alture a circa 300 m s.l.m., e la sottostante e più recente Cirò Marina, a sud di Punta Alice[2].

Panorama da Cirò Superiore
Panorama da Cirò Superiore

Proprio a Punta Alice si trovano i resti del santuario di Apollo detto Alaios, dove secondo la leggenda erano conservati l’arco e le frecce dell’eroe greco Filottete, che avrebbe terminato qui il suo vagabondaggio[3].

La presenza della vite in Calabria e in particolare nel comprensorio cirotano viene fatta risalire addirittura al 2000 a.C., con l’arrivo sulle sponde del Mar Ionio dei Fenici.

I tanti miti e il ritrovamento di reperti archeologici attestano l’esistenza di contatti tra la popolazione autoctona e quella greca già durante la civiltà micenea ai quali seguì poi l’arrivo dei greci colonizzatori[4].

Cirò Marina Mercati Saraceni
Mercati Saraceni a Cirò Marina

La leggenda racconta che il vino che si produceva a Krimisa fosse talmente pregiato da essere premio per i vincitori olimpici[5] perché ritenuto rinvigorente e terapeutico.

I Greci impiantarono qui i loro vigneti ad alberello, sistema di allevamento della vite tipico del sud Italia, adottando innovative tecniche di vinificazione.

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La viticoltura a Cirò fu sempre fiorente anche in epoca romana; durante la dominazione bizantina, durata fino all’XI secolo, si consolidò una salda relazione tra luoghi, popolazioni locali e identità del vino.

Durante la dominazione dei Normanni, degli Angioini e degli Aragonesi, il vino calabrese e in particolare di Cirò, continuò a essere prodotto, richiesto ed esportato.

Panorama mare Cirò Superiore
Panorama mare da Cirò Superiore

Tra Cinquecento e Settecento i vini di questi luoghi erano ritenuti ancora ai vertici dell’eccellenza mediterranea; nell’Ottocento prevalse il latifondo ma iniziarono ad attestarsi le prime piccole proprietà contadine.

Questo assetto sarà definitivamente affermato nel secondo dopoguerra grazie alla riforma agraria; nella seconda metà del Novecento gravi fattori sociali e politici marginalizzarono la produzione vinicola calabrese.

Il Cirò iniziò a riprendere quota solo dopo l’istituzione della DOC avvenuta nel 1969; il disciplinare permise a questo vino che Norman Douglas definì ‘il nettare più puro[6] di affermarsi nel panorama italiano.

Decreto DOC Cirò 1969
Il decreto della DOC Cirò del 1969 (Fonte: vinocalabrese.it)

Oggi, da alcuni anni a questa parte il territorio di Cirò e il suo vino hanno visto una vera e propria rinascita soprattutto qualitativa attraverso la valorizzazione del gaglioppo e delle sue peculiarità.

Molto del merito di questa importante ripresa si deve al pioniere del Cirò DOC, il Prof. Nicodemo Librandi, fondatore della omonima cantina Librandi, che ha scommesso e investito sul vino sin dagli anni ’70.

Il principe nero della viticoltura calabrese, uno dei vitigni più antichi d’Italia’: è così che ha definito il gaglioppo, l’uva su cui ha riposto tanta fiducia e che lo ha consacrato ambasciatore della Calabria nel mondo.

Nicodemo Librandi Cirò
Nicodemo Librandi (Fonte: ilgolosario.it)

Caratterizzata da un clima mediterraneo con estati siccitose, inverni non molto rigidi e piovosità concentrate in autunno e in inverno, la zona di Cirò beneficia di un’ottima ventilazione.

Il Mar Ionio ha un efficace effetto mitigatore e limita il pericolo di umidità nei vigneti; anche il Lipuda, il torrente che la attraversa, influisce su questo contesto viticolo calabrese con la più alta densità di piante per ettaro[7].

I vigneti sono collocati tra gli 0 e i 300 metri s.l.m.; i terreni si sono formati su depositi marini originati a partire dal Miocene sino al Pliocene, Pleistocene e Olocene.

Le colline di Cirò presentano esposizioni, composizioni del suolo e disponibilità idriche incostanti; proprio la varietà e l’unicità di queste combinazioni di fattori determinano un’incidenza significativa sul carattere dei vini.

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Alle argille si alternano le arenarie, le sabbie e il calcare e alcune zone specifiche dette ‘terre rosse’ sono costituite da suoli con considerevoli quantità di ossidi di ferro.

I vigneti costieri sono generalmente più fertili, le colline dell’interno, invece, possono presentare problemi di stress idrico.

La DOC Cirò’ è riservata al vino Rosso, anche nelle tipologie ‘Classico’, ‘Classico Superiore’, ‘Classico Superiore Riserva’, ‘Superiore’ e ‘Superiore Riserva’[8], ed ai vini Rosato e Bianco.

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La DOC ricade in tutto il territorio dei comuni di Cirò e Cirò Marina (Kr) e in parte nei territori dei comuni di Melissa e Crucoli (Kr).

 

Bibliografia e sitografia

Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food Editore, pagg. 191-192

www.treccani.it

 

[1] È stato constatato inoltre che altri vitigni quali il puttanella, il vigna del conte e il corinto nero sono in realtà dei sangiovesi; oltre che il gaglioppo, al sangiovese va ricondotto anche il mantonicone.
[2] In antico Crimisa Promontorium.
[3] L’origine della città è infatti legata alla leggenda dell’eroe mitico Filottete il quale, al ritorno da Troia, consacrò le frecce di Eracle nel santuario di Apollo Aleo le cui fondamenta rividero la luce nel 1929, insieme ad altri oggetti tra i quali la celeberrima testa di Apollo, simbolo del Consorzio di Cirò e Melissa.
[4] Questa vasta zona, compresa tra la fiumara Lipuda a sud e il Fiumenicà a nord, si segnala per la fitta presenza di insediamenti che dall’età del Bronzo giungono fino all’età tardoantica, senza che in alcuno di questi possa riconoscersi una connotazione urbana.
Dall’area di Cirò superiore provengono materiale d’impasto dell’età del Bronzo (contrada Motta) e un ripostiglio di asce dell’età del Ferro, insieme a ricchi corredi tombali con ori, ambra e fibule (contrada Sant’Elia), che trovano confronto con materiali dell’area settentrionale della Calabria ionica.
Tali materiali sembrano potersi riferire ad aristocrazie indigene, da identificare forse con i Chones noti dalle fonti. Ceramiche e bronzi di importazione del Geometrico recente e dell’Orientalizzante rinvenuti nella zona fanno ipotizzare il contatto di queste popolazioni con genti greche.
Tracce di insediamenti greci si hanno sia nelle alture che sovrastano il mare, che nell’area costiera (località Taverna) dall’inizio del VI sec. a.C., con materiale corinzio e produzioni locali di imitazione, simili a quelle di Crotone (Fonte: treccani.it).
[5] Alle Olimpiadi del 1968 che si tennero a Città del Messico tutti gli atleti partecipanti hanno avuto la possibilità di degustare il Cirò come vino ufficiale dell’evento.
[6] Norman Douglas, Old Calabria, pag. 293
[7] Circa 20.000 ettari.
[8] Gaglioppo minimo 80%.
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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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