Non solo vino: Cerignola e le sue tipicità gastronomiche
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Le olive ‘Bella di Cerignola’
La Bella della Daunia DOP varietà ‘Bella di Cerignola’ è la famosa oliva da mensa verde o nera simbolo del Tavoliere delle Puglie.
Le ‘Bella di Cerignola’ sono grandi, sode, polpose e dal gusto pieno, possono arrivare ad un peso di circa 30 grammi ciascuna ed hanno una forma allungata simile ad una susina.
Vengono ancora lavorate come una volta e conservate in salamoia seguendo antiche ricette di famiglia.
Mangiare a Cerignola vuol dire avere sempre in tavola una ciotola di queste buonissime olive la cui coltivazione risale a tanto tempo fa.
Alcuni ritengono che la ‘Bella di Cerignola’ derivi dalle olive ‘Orchites’[1] coltivate dagli antichi Romani; altri invece pensano che arrivi dalla Spagna prima del 1400 nel periodo degli Aragonesi.
Ma la ‘Bella di Cerignola’ non è mai stata presente tra le cultivar indigene della penisola iberica; pertanto, possiamo considerarla una varietà autoctona dell’agro di Cerignola, nell’antica Daunia.
Le olive in salamoia di Cerignola erano esportate in America sin dalla fine dell’Ottocento, spedite nei cosiddetti vascidd, barili di legno dalla capacità di 50 o 100 kg o nei cugnett, di forma troncoconica da 5 o 10 kg.
Nei primi anni del Novecento la ‘Bella di Cerignola’ arrivò anche in California, e poco più tardi venne individuata quale oliva da mensa italiana più pregiata.
Le olive ‘Bella di Cerignola’ vengono lavorate in due modi diversi a seconda del colore della drupa.
Per quelle verdi si segue il Sistema Sivigliano: l’amaro viene eliminato immergendole in una soluzione sodica per circa 15 ore e poi passandole in acqua e sale per 30 giorni per far partire la fermentazione.
Per quelle nere il processo è il Sistema Californiano in cui le olive vengono messe in acqua e sale per 30 giorni, addolcite con la soluzione sodica e infine lavate e ossidate tramite aria compressa immessa nell’acqua.
Prodotto a Denominazione di Origine Protetta, la varietà ‘Bella di Cerignola’ è amatissima da tutti per la sua qualità e bontà ed è proprio vero che una tira l’altra.
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Gli scaldatelli cipolla e uvetta
I taralli sono un must della Puglia e a Cerignola durante gli aperitivi non possono mai mancare gli irresistibili scaldatelli.
Il gusto classico è quello al finocchio ma gli scaldatelli vengono ormai proposti in diverse varianti, come ad esempio quelli alla cipolla e uvetta, una combinazione davvero deliziosa.
La base è sempre la stessa, ovvero farina, olio evo, sale e vino con l’aggiunta all’impasto dell’uva sultanina e della cipolla.
Questo tipo di tarallo prima di essere cotto in forno viene bollito; gli scaldatelli nella loro semplicità e genuinità sono un altro prodotto nato dalla cucina povera contadina.
Qualcuno vuole che la moglie di un bracciante avesse provato a fare dei cerchietti di pasta appena lievitata che poi avrebbe scaldato; da qui il nome di scaldatelli.
Mangiati così non erano buoni, ma essiccati e poi passati in forno diventavano squisiti; dal 1600 in poi gli scaldatelli diventarono un ottimo sostituto del pane e simbolo di convivialità, in accompagnamento col vino.
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Il sartascinello (u sartascnidd)
È un piatto tipico della città di Cerignola, che in dialetto si chiama u sartascnidd: si tratta di un sughetto di accompagnamento ai cucoli fritti, una specie di panzerottini vuoti simili allo gnocco fritto.
Il nome deriva dalla padella, detta sartasc’n, in cui si prepara appunto u sartascnidd; per tradizione si fa il 21 novembre in occasione della festa della Madonna Bambinella[2] o anche la sera della Vigilia di Natale.
Il sartascinello si serve semplicemente su un piatto con accanto i cucoli da intingere; il sughetto è preparato con i pomodorini ciliegino saltati in padella con olio e aglio.
Altro ingrediente fondamentale de u sartascnidd sono le olive, possibilmente dolci[3].
Se si volesse seguire la ricetta originale bisognerebbe però usare i pomodorini nzert, ovvero quelli che venivano conservati lasciandoli ‘appesi’ al soffitto nelle case di campagna, oggi più difficili da reperire.
Il sartascinello a Cerignola è amatissimo e viene sempre proposto come antipasto nei locali sparsi per la città.
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La Ripaltina
Al Bar Preziosa di Cerignola è possibile assaggiare un dolce nato durante la pandemia ma che ha tutte le caratteristiche per entrare a far parte dei suoi prodotti tipici: parliamo della Ripaltina.
I cerignolani sono molto devoti alla loro santa patrona, Maria SS. di Ripalta; così Nicola Preziosa, mastro pasticciere della città, l’ha ideata proprio in suo onore.
Si tratta di un tenero pan di Spagna alle mandorle bagnato col rosolio con uno strato di ricotta, il tutto ricoperto da u nnaspre, una glassa bianca fatta solo con acqua e zucchero.
La chicca che rende preziosa la Ripaltina è la ‘Bella di Cerignola’ candita e posta come guarnizione.
Realizzata con i prodotti del territorio come le mandorle, la ricotta e le olive, la Ripaltina nella sua dolcezza esprime non solo l’estro del suo creatore ma anche il forte legame alla cultura di questi luoghi.
È possibile trovare la Ripaltina anche alla crema pasticcera o al pistacchio. Da assaggiare assolutamente!
Bar Preziosa
Viale di Ponente, 133
71042 – Cerignola (FG)
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I mbriachill al vino rosso
Parliamo sempre di taralli, ma stavolta dolci: i mbriachill, ovvero ‘gli ubriachelli’.
Già nel nome capiamo il perché si chiamano così: è il vino rosso il protagonista di questa ricetta cerignolana assieme all’uvetta sultanina.
I mbriachill sono dunque impastati con farina di tipo 0, zucchero, un po’ di lievito, olio extra vergine d’oliva, vino rosso e uva passa; prima di andare in forno vengono ripassati nello zucchero.
In questo modo diventano di un bel colore scuro ed hanno un buonissimo aroma; i mbriachill in Puglia si preparano un po’ dappertutto sia col vino bianco che con i vini dolci come, ad esempio, il Moscato di Trani.