Limpidezza, colore, consistenza ed effervescenza: sono questi i quattro parametri per la valutazione del vino nella fase dell’esame visivo

La degustazione tecnica parte con l’esame visivo, dal momento in cui versiamo il vino nel bicchiere e solleviamo il calice per osservarlo da vicino, valutarne l’aspetto e iniziarne la sua “lettura”.

L’esame visivo è caratterizzato da quattro parametri: la limpidezza, il colore, la consistenza e, solo nel caso degli spumanti, l’effervescenza.

La limpidezza

Dopo la mescita, nell’esame visivo della degustazione la limpidezza è definita come l’assenza di particelle in sospensione. Con il bicchiere all’altezza degli occhi e in controluce si esamina il vino; questa è una condizione assoluta perché anche la minima presenza di particelle non permette di definirlo limpido.

La valutazione della limpidezza nell’esame visivo può essere ostacolata dalla scarsa trasparenza del vino, (cioè la proprietà di un liquido di lasciarsi attraversare dai raggi luminosi) e dipende dalla materia colorante: in questi casi è utile posizionare una fonte luminosa dietro, anche una semplice candela.

Oggi le moderne tecnologie permettono di avere un esame visivo pressoché perfetto in tema di limpidezza: infatti, la refrigerazione a -3°/ -5° favorisce la precipitazione dei tartrati, eliminati con una filtrazione prima dell’imbottigliamento e con una microfiltrazione sterilizzante finale che elimina lieviti e batteri che potrebbero procurare rifermentazioni indesiderate.

Non sempre la presenza di qualche particella in sospensione è una cosa negativa: ad esempio in alcuni vini rossi importanti come il Barolo o il Brunello di Montalcino di lungo affinamento, o in quelli imbottigliati con i propri lieviti per concludere la fermentazione in bottiglia, nell’esame visivo possono riscontrarsi alcuni residui solidi, che non ne compromettono però la qualità (verrà definito abbastanza limpido).

Ancora più raro è trovare vini con alterazioni o malattie, torbidi o velati, che purtroppo non sono accettabili in una degustazione. Anche i vini bianchi e rosati sono ormai definiti quasi sempre cristallini, e gli spumanti e i passiti brillanti.

Per l’esame visivo della limpidezza la scala è la seguente:

  • Velato vino con accentuata opalescenza e forte torbidità;
  • Abbastanza limpido: vino con qualche particella in sospensione;
  • Limpido: vino privo di particelle in sospensione;
  • Cristallino: vino senza particelle e con propria intensa luminosità (possono essere definiti tali anche i rossi dotati di grande trasparenza);
  • Brillante: vino con una lucentezza che riflette i raggi luminosi (come accade spesso per molti vini dolci e liquorosi) e favorita particolarmente dalle bollicine di anidride carbonica presenti.
Il colore

Dopo aver inclinato su una superficie bianca il calice, nella zona di maggior spessore si valutano colore e intensità del vino e in quella di minor spessore si osservano le sfumature utili alla previsione dello stato evolutivo (la cosiddetta “unghia”).

Il colore nel vino è determinato dalle sostanze polifenoliche presenti (antociani, flavoni, catechine, leucoantociani, kampferolo, quercitine etc.) che provengono soprattutto dalle bucce dell’uva (LEGGI ANCHE IL POST SULL’UVA).

Per ottenere il colore è necessario che il mosto stia a contatto con le bucce ricche di pigmenti nella cosiddetta macerazione (o vinificazione in rosso: 200-500 mg/l di sostanze coloranti per i vini rossi e 20-50 mg/l di sostanze coloranti per i vini rosati, per i quali si svolge una macerazione parziale di uve a bacca nera e solo qualche volta da uvaggi bianchi e neri).

Oltre che dalle caratteristiche del vitigno utilizzato, il colore dipende dalla temperatura e dalla durata della fermentazione, dalla quantità di anidride solforosa utilizzata (SO2) e dal numero dei rimontaggi.

Eliminando le vinacce otterremo invece i vini bianchi (20-25 mg/l di sostanze coloranti) anche da uve a bacca nera; sempre più spesso, per ottenere vini più ricchi di profumi, prima della vinificazione in bianco classica si ricorre alla criomacerazione (macerazione a freddo) e macerazione pellicolare (a contatto con le bucce).

Il colore nell’esame visivo di un vino ne verifica la sua tipologia, la relazione con l’ambiente pedoclimatico e le potenzialità evolutive.

Per l’esame visivo del colore la scala è la seguente:

Vini bianchi:

  • Giallo verdolino
  • Giallo paglierino
  • Giallo dorato
  • Giallo ambrato

Vini rosati:

  • Rosa tenue
  • Rosa cerasuolo
  • Rosa chiaretto

Vini rossi:

  • Rosso porpora
  • Rosso rubino
  • Rosso granato
  • Rosso aranciato

Intensità, tonalità e vivacità del colore

L’intensità del colore dipende, ovviamente, dalla quantità di pigmenti presenti che sono conseguenza del tipo vitigno, dell’ambiente pedoclimatico in cui crescono le uve e dalle pratiche enologiche utilizzate; la tonalità del colore in un vino dipende invece dal tipo di pigmenti presenti, quindi dalle uve impiegate, dall’acidità, dal pH, dallo stato di ossidazione delle sostanze polifenoliche, nonché dallo stato evolutivo. Infine la vivacità del colore dipende dallo stato di salute delle uve utilizzate, dalle buone tecniche di lavorazione e conservazione e dall’evoluzione.

La consistenza

Roteando il vino contenuto nel calice e osservando da vicino lacrime e archetti se ne valuta la consistenza.

Nell’esame visivo la consistenza determina principalmente che il vino non sia affetto da malattie come il filante (alterazione microbica soprattutto nei vini bianchi), la quantità di alcol etilico presente e di sostanze estrattive.

La consistenza non dipende dalla qualità del vino o dallo stato evolutivo ma dagli alcoli (etilico, propilico ecc.), polialcoli (glicerolo), polifenoli (tannini, antociani), monosaccaridi (glucosio, fruttosio etc.), polisaccaridi (dextrane, gomme etc.).

L’alcol è un componente volatile che tende ad evaporare e ad aumentare e di conseguenza la densità dello strato liquido più superficiale del bicchiere, venendosi a creare una maggiore tensione. Il vino risale per capillarità lungo la parete del bicchiere; scendendo, per l’aumento della tensione, crea delle gocce chiamate lacrime e gli spazi fra le lacrime si chiamano archetti.

La valutazione della consistenza

La consistenza del vino si valuta tramite l’osservazione e l’ascolto del fluido durante la mescita, la rotazione nel bicchiere e la conseguente osservazione di lacrime e archetti: se le lacrime scendono velocemente e gli archetti sono ampi il vino ha scarsa consistenza, mentre, al contrario se le lacrime sono lente e gli archetti stretti il vino ha grande consistenza.

La scala della consistenza nell’esame visivo è la seguente:

  • Fluido (inaccettabile)
  • Poco consistente (povero di alcol e di struttura debole)
  • Abbastanza consistente (rapporto morbidezze/durezze in equilibrio)
  • Consistente (rapporto morbidezze/durezze in favore delle prime)
  • Viscoso (passiti, botritizzati, altrimenti vi è un’anomalia)

L’effervescenza

Negli spumanti o Champagne la valutazione della consistenza è sostituita da quella dell’effervescenza o perlage. E’ dovuta alla presenza di anidride carbonica (CO2) formata dai lieviti durante la rifermentazione alcolica (altrimenti, si tratterebbe di una rifermentazione indesiderata del vino prima della spumantizzazione).

L’anidride carbonica in un vino ne determina il perlage ne esalta il profumo e ne caratterizza la pungenza, accentuando le durezze e attenuando le morbidezze.

La scala dell’effervescenza nell’esame visivo è suddivisa per:

  • grana delle bollicine (grossolane, abbastanza fini, fini);
  • numero delle bollicine (scarse, abbastanza numerose, numerose);
  • persistenza delle bollicine (evanescenti, abbastanza persistenti, persistenti).

 

Bibliografia

La degustazione, Associazione Italiana Sommelier, pagg. 35-67

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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