Sapori della Sila: dal caciocavallo alla soppressata fino alle patate: prodotti DOP ed IGP e gusti inimitabili della nostra amata montagna calabrese

I salumi calabresi DOP (Fonte: www.consorziosalumidicalabriadop.it)

Calabria: una terra dalle tante sfaccettature culturali. Mari, laghi, montagne e pianure ci sono tutti, e ogni luogo della regione ha così tanto da offrire e da vedere che nel descriverlo tutto, spesso si è riduttivi.

Se poi passiamo al lato gastronomico, grazie al quale è entrata tra le mete imperdibili 2017 per il New York Times, si potrebbe parlare per giorni di piatti tipici.

Un mix di particolari che rende unica questa terra, ricca di contraddizioni ma anche e soprattutto di grandi tesori e tradizioni.

Dopo un breve ma intenso tour nel cuore del Parco Nazionale della Sila, vi voglio condurre attraverso le bontà gastronomiche che è possibile gustare nel polmone verde della regione, dove tutto acquista un sapore diverso vivendo tra la quiete dei pini, respirando l’aria pura migliore d’Europa e rilassandosi col suono e la vista delle acque del lago Arvo.

Tra i locali che possono offrirvi queste ed altre squisitezze nostrane vi segnalo la griglieria Il Brillo Parlante che si affaccia sulle rive del lago, l’agriturismo Lorica Parco Natura e l’Antica Filanda, quest’ultimo immerso nella maestosità della riserva biogenetica “I Giganti della Sila”, gestita dal FAI Italia in località Fallistro – Croce di Magara.

Il Caciocavallo Silano DOP

Il Caciocavallo Silano DOP (Fonte: www.caciocavallosilano.it)

L’origine del nome è incerta.

Tra le tante ipotesi troviamo quella di una forma nata nel ‘500 da uno stampo fiscale apposto sui formaggi di questo tipo dalle gabelle del Regno di Napoli; secondo un’altra invece, deriverebbe dal metodo di trasporto utilizzato dai pastori che li ponevano in coppia sulla groppa del cavallo.

Si pensa poi che le provole fossero legate a cavallo di un giunco per la stagionatura col calore del camino in solaio.

Molti ritengono invece che la parola derivi dal turco “qasqawal“, un tipo di formaggio simile al caciocavallo che noi conosciamo.

E’ un formaggio di latte vaccino, ed è senza dubbio fra i più antichi e caratteristici a “pasta filata” del sud Italia.

Questa antica tecnica casearia permetteva la buona conservabilità di questo tipo di prodotto in cui la cagliata, ottenuta dal riscaldamento e coagulazione del latte, subisce una seconda cottura, sino a che diventa elastica e può essere manipolata senza rompersi.

Ha forma tondeggiante oppure allungata, dalla crosta liscia e sottile, con una “testa” sulla cima, ed ha una consistenza morbida se fresco, mentre friabile e scagliosa se stagionato; anche il suo sapore aromatico varia di intensità a seconda della maturazione, da dolce a piccante.

La denominazione “silano” gli è stata data per via delle origini legate all’altopiano della Sila, zona di pascoli rigogliosi che regalano al latte un’ottima qualità.

Infatti, grazie alla presenza di vitamine, sali minerali e proteine il caciocavallo possiede spiccate qualità nutritive, indicato nella dieta di bambini, sportivi ed anziani.

I salumi DOP

La macellazione delle carni del maiale continua ad essere una vera e propria festa.

Durante i mesi invernali i calabresi “calendarizzano” questo periodo come se fosse una ricorrenza importante, perché questa tradizione è strettamente legata al mondo contadino che caratterizza la regione.

Ciò garantiva provviste e sopravvivenza per intere famiglie durante l’anno e con tutta probabilità il rito dell’uccisione (che ancora oggi dura tre giorni) è stato ereditato dalla millenaria cultura greco-romana, e l’animale è diventato simbolo di ricchezza e opulenza.

L’insaccatura delle carni avviene il secondo giorno dopo l’uccisione, dopo averle prima sminuzzate e preparate. Vediamo in dettaglio gli appetitosi salumi della gastronomia calabrese, che per le loro caratteristiche hanno ricevuto tutti il riconoscimento della DOP.

Cena-degustazione di prodotti tipici presso l’agriturismo Lorica Parco Natura: salsiccia rossa, capocollo stagionato, soppressata bianca e caciocavallo silano DOP e pecorino stagionato; in abbinamento vino Rosato Gaudio della cantina Magna Graecia

La Salsiccia è il salume calabrese più famoso.

Si produce con l’impasto di carne e lardo ottenuto dalla spalla e dalla sottocostola del maiale, salata ed aromatizzata con il peperoncino rosso macinato dolce o piccante, e semi di finocchio, insaccata poi in budella naturali ed intrecciata nella classica forma a catenella o a ferro di cavallo; la stagionatura, infine, deve essere di almeno 30 giorni.

L’origine del termine salsiccia ha poco a che fare con la “ciccia”: secondo i principali dizionari etimologici, infatti, la voce deriverebbe dal latino tardo salsicĭa (neutro plurale, non sicuramente attestato), sovrapposizione di salsus e insicĭa “polpetta”, composto dalla preposizione in e da un derivato di secāre “tagliare”.[1]

La Soppressata è invece un insaccato più pregiato rispetto alla salsiccia poiché si ricava dal prosciutto e dalla spalla del maiale, con l’aggiunta di lardo selezionato dalla parte anteriore del lombo.

Dopo essere state selezionate e tritate a medio taglio, le carni vengono salate ed aromatizzate, viene aggiunto pepe nero in grani o pepe rosso dolce o piccante in larghi budelli naturali.

La differenza sostanziale è nella forma, che viene “pressata”: dopo l’insaccatura ed una prima asciugatura, sono coperte da teli di lino traspiranti e da un tavoliere, sul quale sono posti dei pesi così da ottenere la pressatura della carne che, secondo alcuni, darebbe il nome al salame.

In altre zone della Calabria la soppressata è insaccata con pepe nero e semi di finocchio selvatico nel budello, divisa in grossi nodi e lasciata stagionare appesa alle travi del tetto a tegole, e con la presenza dei camini, se ne dà una leggera affumicatura.

L’origine del nome è incerta; essendo un prodotto gastronomico diffuso un po’ in tutto il sud Italia, si ritiene che sia nato in Basilicata dal dialetto lucano subbursata o soperzata, sempre per via della pressione esercitata sul salume in fase di essiccazione.

Pranzo presso la griglieria “Il Brillo Parlante” a Lorica: capocollo, salsiccia stagionata, soppressata DOP e bruschettine con ‘nduja; in abbinamento vino rosato Theorema della cantina Termine Grosso

Il Capocollo, invece, rappresenta un vanto calabrese.

E’ preparato con la carne della parte superiore del lombo del suino, disossato e salato a secco o in salamoia, al quale deve essere lasciato un buon strato di grasso per mantenerlo morbido.

Dopo la salatura il pezzo viene lavato con acqua e aceto di vino, “pressato” e “massaggiato” ed aggiunto di pepe nero in grani; dopodiché è avvolto nel diaframma parietale del suino, legato totalmente e avvolto con spago naturale.

Spesso, inoltre, si cosparge con polvere di peperoncino dolce o piccante. La stagionatura è molto lunga, almeno di cento giorni dalla salatura.

 

Tagliere di guanciale e pancetta DOP arrostita presso la griglieria “Il Brillo parlante” a Lorica

La Pancetta tesa, invece, è di forma rettangolare, ricavata dal sottocostato inferiore del suino.

Viene salata per un periodo, successivamente lavata e bagnata con aceto di vino, e spesso cosparsa di polvere di peperoncino.

E’ lasciata stagionare in locali con il giusto grado di umidità e temperatura per almeno 30 giorni.

 

La Patata della Sila

Un altro prodotto che molti ci invidiano è la patata silana, che ha ottenuto il riconoscimento IGP.

Grazie all’ottima qualità dei terreni dell’altopiano silano ricchi di potassio ed irrigati con acque di sorgente, la sua coltivazione a 1200 metri di altezza con le forti escursioni termiche, regala un prodotto unico coltivato al centro del Mediterraneo.

Di forma tondo-ovale a pasta gialla molto compatta, con una buccia spessa e resistente, si contraddistingue per le sue proprietà culinarie, perché può essere utilizzata soprattutto nelle fritture.

Viene coltivata da moltissimo tempo in Sila, introdotta nel ‘600 e documentata già nella Statistica del Regno di Napoli del 1811.

La patata della Sila si presta perfettamente per la preparazione delle famose e deliziose patate ‘mpacchiuse, che rappresentano un po’ il simbolo della cucina cosentina, un piatto povero ma unico.

Si chiamano così perché alla fine risultano appiccicate una all’altra, ‘mpacchiuse appunto, in dialetto. Ma come si fanno?

Le famose e buonissime patate ‘mpacchiuse della griglieria “Il Brillo Parlante” a Lorica

Le patate vengono pelate e lavate, affettate sottilmente ma non troppo e messe in una padella, dove si è fatto scaldare un po’ d’olio; a fiamma abbastanza alta devono “incollarsi” e quindi non bisogna rimestarle troppo, soprattutto quando sono prossime alla cottura in quanto potrebbero rompersi.

Dopo 20-25 minuti sono pronte, appiccicate in piccoli gruppi con le parti esterne ben rosolate.

Le varianti della preparazione prevedono l’uso dei peperoni (“patate mpacchiuse cu i pipi”), e le cipolle (“patate mpacchiuse cu i cipuddre”), rigorosamente di Tropea, affettate sottilmente.

 

 

Contatti e riferimenti

Griglieria “Il Brillo Parlante”

Via Lungo Lago snc

Lorica, San Giovanni in Fiore (Cs)

Tel. 0984537282 – 348 1605539 – 339 8626913

Email: brilloparlantelorica@libero.it

 

Agriturismo Lorica Parco Natura

C.da Rovalicchio, 29

Lorica, San Giovanni in Fiore (Cs)

Tel. 324 7497909

Email: loricaparconatura@gmail.com

 

Antica Filanda

C.da Fallistro Località Croce di Magara

Spezzano della Sila (CS)

Tel. 338 1733227

Email: prenotazioni@anticafilanda.info

 

[1] http://www.accademiadellacrusca.it/en/italian-language/language-consulting/questions-answers/si-dice-salsiccia-salciccia
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1 commento

  1. […] re dei formaggi cosentini troverete storia e caratteristiche nel post “I sapori della Sila”, assieme ai salumi DOP e alla Patate silane […]

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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