Un’uva antica, pregiata, espressione di un territorio incantevole e dedito da secoli alla viticultura. La riscoperta e rivalorizzazione di un vitigno dimenticato: lo zibibbo di Pizzo, oggi presidio Slow Food

Grazie all’amore per la Calabria e alla passione per il vino, Giovanni Celeste Benvenuto è il portavoce di questa rinascita non solo agricola, ma soprattutto culturale

Il moscato di Alessandria

Il moscato di Alessandria, sicuramente più noto con il nome di zibibbo (termine con il quale risulta registrato sul Registro Nazionale delle Varietà di Vite), fa parte di quella grande famiglia di uve, a bacca bianca e rossa, associate dal nome Moscato e presenti nell’area del Mediterraneo da tempi antichi.

Lo coltivavano i Greci col nome di Anathelicon moschaton, mentre i Romani la definivano uva apiana perché prediletta dalle api per via del suo aroma dolcissimo.

Risulta molto debole la tesi secondo la quale attorno al 1200 l’uva apiana avrebbe cambiato il suo nome in Moscato per una associazione tra ape e mosca; soprattutto è veramente molto dubbia l’identità tra l’uva apiana e il Moscato.

Il realtà il suo nome attuale pare derivare da muscum, muschio, per il forte aroma caratteristico che i francesi chiamano musqué.

Il Moscato di Alessandria è considerato originario dell’antichissima città di Alessandria d’Egitto, e in genere è considerato uguale ad altre varietà coltivate nel basso bacino del Mediterraneo come il Moscatel de Malaga, il Moscatel de Jerez (entrambi diffusi nel sud della Spagna), il Muscat Gordo Blanco e il Salamanna.

E’ un’uva conosciuta anche in Francia, dove viene chiamata Muscat d’Alexandrie o Muscat romain e in altri paesi del nuovo mondo fra cui l’Australia, il Cile e il Perù dove viene usata per la produzione del distillato Pisco.

Non si è trovata alcuna spiegazione accettabile sull’etimologia del termine zibibbo, anche se potrebbe derivare dall’arabo zabib che significa “uva passa”.

Il grappolo è grosso, leggermente allungato, di forma conico-piramidale, alato e mediamente compatto o tendente allo spargolo.

L’acino è grande, subrotondo, tendente all’ovoide, con buccia spessa, consistente, pruinosa e di colore verde giallastro.

La raccolta può avvenire già verso la metà di agosto (per i vini da uve fresche) oppure essere ritardata anche di un mese per la produzione dei passiti.

In Italia, la zona di produzione vocata alla coltivazione di quest’uva è per antonomasia l’isola di Pantelleria, dove il suo sistema di allevamento ad “alberello basso” è stato inserito fra i beni immateriali dell’umanità dall’Unesco nel 2014.

Grappoli di zibibbo di Pizzo (Fonte: http://mediterraneinews.it/2016/12/13/lo-zibibbo-eccellenza-napitina/)

Archeologia del territorio

Francavilla Angitola si trova in collina, vicino alla bellissima località di Pizzo Calabro in provincia di Vibo Valentia.

Pochi chilometri dal litorale tirrenico e ci si trova nel verde della campagna vibonese, dove si gode di un clima mitigato dal mare, rinfrescato dagli eucalipti delle pinete che diffondono attorno aria fresca e balsamica.

Tutto il territorio calabrese è un tessuto di antichi insediamenti, più o meno grandi ma accomunati da miti e leggende che vi ruotano attorno.

Francavilla fu una polis greca, l’antica Crissa.

Fondata da greci provenienti dalla Focide, il suo ecista fu probabilmente Crisso, fratello di Panopeo nell’VIII sec a.C., che arrivando nei pressi dell’Angitola trovò un luogo salubre e felice, ferace ed abbondante.

I Crisseni si espansero fondando anche l’antica Napetia (oggi Pizzo Calabro) ma di questo non si hanno molte notizie per la mancanza di reali scavi archeologici nella zona e per le poche fonti documentarie a disposizione.

Ma Ilario Tranquillo, storico di Francavilla, nella sua “Storia Apologetica” sostiene che “Incenerata già Troja, i vittoriosi Greci Focesi trasportati dalle marine tempeste, approdati in Calabria fabbricarono Crissa, Napizia ed Ipponio (Vibo Valentia), come già coll’autorità de’ Scrittori s’è dimostrato.

Adunque dal novero degli anni, dalle ceneri di Troja fino all’edificazion di Napizia trascorsi, con ragion ben fondata raccoglier chiaramente possiamo, della nostra Città (Crissa) l’antica origine”.

Girolamo Marafioti, storico e umanista calabrese, nel ‘600 scriveva decantando le qualità uniche di questo territorio: “Francavilla, fabricato in luogo ameno, e piano. Il particolare da lodarsi in questo luogo è la perfezione e l’abbondanza del vino“.

Lo zibibbo di Pizzo

A Pizzo i terrazzamenti affacciati sulla costa tirrenica erano coltivati alternativamente ad olivo e vite.

Le uve erano tutte di zibibbo, vitigno favorito da condizioni pedoclimatiche ideali così come nelle isole siciliane, e il moscato d’Alessandria, fino alla seconda meta del ‘900 era principalmente un’uva da tavola, molto apprezzata per la sua dolcezza e per gli acini dorati e leggermente lentigginosi.

Soltanto piccolissime quantità erano vinificate per essere poi bevute in famiglia nei momenti conviviali e nelle ricorrenze importanti, mentre non esisteva la tradizione (molto diffusa in altre aree del meridione) di produrre uva passita.

Negli anni Sessanta, con l’introduzione delle varietà californiane specializzate per la produzione di uva da tavola, più produttive e spesso senza semi, la coltivazione a Pizzo è andata in declino e nell’area le viti, poco per volta, sono state espiantate.

Oggi sono quattro i produttori che hanno creato l’associazione “I vignaioli dell’Angitola” e che hanno iniziato a recuperare i terrazzamenti di Pizzo e di Francavilla Angitola per riportare sul mercato quest’uva pregiata.

Lo zibibbo di Pizzo Calabro si raccoglie a partire dalla seconda decade di settembre.

Il vino delle Cantine Benvenuto: quando caparbietà e passione ripagano

Giacomo Tachis, grande enologo di fama mondiale recentemente scomparso, diceva che “il territorio è un insieme di componenti del vino e della sua immagine: qualità del terreno, clima, esposizione del vigneto, tradizione, mito, cultura del contadino e del vinificatore, cultura del venditore.

Anche il paesaggio, l’arte, la storia e la poesia sono componenti importanti del territorio, così come la cucina, l’ospitalità e persino l’economia locale”.

Si capisce bene come non può esistere un grande vino senza un grande terroir: clima, sole, geomorfologia ecc. sono infatti componenti indispensabili per un ottimo risultato, ma perché questo possa aspirare all’eccellenza c’è bisogno anche del fattore umano e della componente culturale che questo comporta.

Con le tecnologie moderne si può fare quasi tutto ciò che si vuole, ma se l’obiettivo è l’eccellenza, diventa indispensabile sapersi guardare attorno e vedere non solo quello che è vino e vigne, ma anche tutto ciò che identifica e definisce la memoria del territorio in cui il vino prende vita.

E dalla terra ereditata dal nonno, Giovanni Celeste Benvenuto ha iniziato a produrre il suo vino.

Dopo aver lasciato Tagliacozzo, il paese abruzzese in cui è vissuto fino a 18 anni, si trasferisce in Calabria, la sua seconda casa, laureandosi in agraria e diventando sommelier.

E da qui, in questi luoghi rigogliosi e fertili, incastonati tra cielo e mare, recupera, coltiva e impianta vigneti, quelli “di una volta”, raccontati negli scritti antichi e nelle storie del paese, che parlavano di un vino eccellente.

Ed ora il suo zibibbo è consigliato dalle migliori guide di vini, italiane ed estere, ed ha vinto il titolo di Top Hundred d’Italia 2016.

I vitigni autoctoni sono il vero tesoro di un territorio e Giovanni lo ha capito.

Primo in Calabria ad avere ripristinato e vinificato quest’uva, produce uno zibibbo secco IGP, coltivato nel territorio di Francavilla Angitola ad un’altitudine di 350 metri s.l.m. su terrazze naturali con forma di allevamento a cordone speronato, in regime di biologico su un terreno ricco di minerali.

Ed è stato il primo in Calabria ad avere ottenuto il decreto regionale per questo tipo di vinificazione.

L’uva zibibbo di Pizzo è ora presidio Slow Food, presentato al Salone Internazionale del Gusto di Torino nel 2016.

Lo Zibibbo delle Cantine Benvenuto è un vino che esalta e valorizza questa terra.

Giallo paglierino tenue con riflessi verdolini, ha profumi freschi e delicati, di fiori d’arancio, di agrumi, di pesca e melone, con una spiccata aromaticità e mineralità;

il gusto, leggermente ammandorlato, è esaltato da una bella freschezza, con l’eleganza e l’intensità che contraddistinguono questo vitigno.

Tra le altre etichette troviamo anche Alchimia, il passito di zibibbo. Da poco Giovanni è entrato a far parte anche della FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti.

Questa raggruppa viticoltori che soddisfano dei specifici criteri: coltivare le proprie vigne, imbottigliare il proprio vino curandolo personalmente, rispettando le norme enologiche della professione, limitando l’uso di additivi inutili e costosi e concentrando la propria attenzione sulla produzione di uve sane che non hanno bisogno del “maquillage” di cantina.

E’ da qui che nasce dunque il prodotto di qualità, che guarda alla storia del territorio, alle tradizioni e al rispetto della natura.

Ciò che viene fatto con cura e dedizione non può che dare ottimi frutti ed essere così un vanto per la regione che riparte da qui, verso la sua crescita e la sua valorizzazione.

Giovanni Celeste Benvenuto e il suo Zibibbo (Fonte: www.marsicalive.it/?p=125143)

 Bibliografia e sitografia

Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food Editore

Girolamo Marafioti, Croniche et antichità di Calabria. Conforme all’ordine de’ testi greco, & latino, raccolte dà più famosi scrittori antichi, & moderni …, Padova, Ad instanza de gl’Uniti, 1601

Ilario Tranquillo, Istoria Apologetica dell’Antica Napizia, oggi detta il Pizzo, Stamperia Carmine Petagna, Napoli, 1725

www.fondazioneslowfood.com

www.cantinebenvenuto.it

 

Fonte: Patto in cucina – Prodotti Agroalimentari Tradizionali Tipici Originali per la salute

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1 commento

  1. […] ben distinto dal Moscato Giallo e dal Moscato di Alessandria (chiamato anche Moscatellone Bianco, Zibibbo, Muscat d’Alexandrie, Muscat Gordo Blanco e Salamanna) coltivati in altre parti d’Italia e […]

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Giulia Cosenza

Calabrese DOC, sommelier con master in Cultura dell'alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche

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